Benedetto XVI: don Vignola (Mci Amburgo), “per lui ‘conservare’ non è chiudersi ma continuare nel solco di una tradizione leggendo i tempi e cercando di prestare fede alle Scritture”

La morte di Papa Benedetto XVI “richiama alla mente non tanto la sua figura di illuminato teologo già dai tempi del Concilio Vaticano II, non quello di giovane arcivescovo di Monaco e poi prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, non quello di amante di Dio, dei libri, della musica (Mozart in particolare), dei gatti; ma la sua rinuncia al pontificato e alcuni segni avvenuti durante il suo pontificato”. Lo scrive oggi, su www.migrantesonline.it, don Pierluigi Vignola, responsabile della Missione cattolica italiana (Mci) di Amburgo, in Germania. L’ultimo Papa che si dimise fu, 600 anni prima, Gregorio XII, nel 1415, e prima ancora Celestino V, nel 1294. “È difficile – spiega don Vignola – delineare un ritratto di Benedetto XVI, forse quasi impossibile, non per gli aspetti molteplici che hanno attraversato la sua esistenza ma per il carico di complessità che la sua vita di teologo, uomo di Chiesa e intellettuale ha sostenuto. Nel corso del suo pontificato, Benedetto XVI iniziò un percorso di riforme strutturali attuando sia in termini canonici sia morali il principio dell’ermeneutica della continuità ovvero la concezione per cui il Concilio Vaticano II si deve porre in piena sintonia con la storia della Chiesa e ne aggiorni la prassi e le pratiche ma non rivoluzioni quella che è la tradizione liturgica”. “Per Benedetto XVI ‘conservare’ – spiega il sacerdote – non è chiudersi ma continuare nel solco di una tradizione leggendo i tempi e cercando di prestare fede alle Scritture. Ma ciò che va ricordato è che Benedetto XVI non ha mai avuto ripensamenti sulla sua rinuncia. L’ultimo documentario pubblicato proprio in Germania conferma una sensazione comune: Joseph Ratzinger non ha mai tergiversato su quanto deciso nel 2013”.

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