“Non possiamo e non dobbiamo dimenticare i morti di questa pandemia: uomini, donne, anziani, giovani, sacerdoti e religiosi che sono stati strappati alla vita dalla violenza del virus. Vogliamo pregare per loro, per i loro cari, per quanti stanno ancora soffrendo e per tutti gli operatori sanitari che sono impegnati in prima linea e, con dedizione e professionalità, si prendono cura degli ammalati”. Lo afferma il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, in vista della Santa Messa per le vittime della pandemia che presiederà domattina a Roma nell’ambito dell’iniziativa promossa dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee).
Papa Francesco ha concluso l’udienza di oggi con la conferma del viaggio in Iraq, che comincia dopodomani, e con un altro appello per la pace in Myanmar e la liberazione dei leader politici incarcerati. Tema della catechesi: la preghiera trinitaria. “Noi siamo il termine di un amore che non trova eguali sulla terra”.
“Il dolore di questo momento spero che venga superato con la verità che emerge ma soprattutto possa essere un’occasione perché il popolo corleonese possa essere visto con uno sguardo diverso. Con uno sguardo costruttivo”. Lo dice il parroco della chiesa di San Leoluca di Corleone, don Luca Leone, in riferimento al fuoco appiccato da ignoti, all’alba del 1° marzo scorso, al portone dell’edificio di culto nella festa del patrono san Leoluca.
“È stato un confronto sereno, franco, aperto, su tutti i problemi di maggiore urgenza, a cominciare dalla famiglia, dalla scuola, dal problema dei giovani e dal rapporto tra le istituzioni”. Così il card. Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città Della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana ha tracciato un bilancio del tradizionale incontro bilaterale Italia-Santa Sede, svoltosi questo pomeriggio a Palazzo Borromeo, in occasione dell’anniversario dei Patti Lateranensi.
Il 7 marzo Papa Francesco sarà a Mosul per pregare per le vittime delle guerre. Una tappa significativa del viaggio in Iraq che porterà il Pontefice nella città martire che fu anche capitale dello Stato islamico dal 2014 al 2017 in Iraq. Con l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Michaeel Najeeb Moussa anticipiamo i contenuti della giornata.
Baghdad, Najaf, Ur, Erbil, Mosul, Qaraqosh. Sono queste le tappe del prossimo viaggio apostolico di Papa Francesco in Iraq, in programma dal 5 all’8 marzo. In tre giorni Francesco pronuncerà quattro discorsi e terrà due omelie, un Angelus e una preghiera di suffragio per le vittime della guerra, come si apprende dal programma ufficiale.
“La situazione della sicurezza nel nostro Paese, soprattutto nella parte orientale resta pericolosa e aggravata dalla presenza di gruppi armati che l’esercito nazionale, sostenuto dalla Monusco”, la Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo, “non è ancora in grado di sradicare”: lo scrivono i vescovi congolesi, in un messaggio finale al termine del consiglio permanente, nel quale ricordano anche l’ambasciatore Luca Attanasio e le altre vittime dello scontro a fuoco.
A morire sono soprattutto i preti più anziani, con un’età media di 82 anni in linea con quella delle vittime di Covid-19 nella popolazione generale. Ma non sono soltanto i sacerdoti più fragili o ricoverati nelle case di riposo ad andarsene: oltre 40 di loro, infatti, hanno massimo 75 anni (20% del totale), ovvero l’età limite prevista dal Codice di Diritto canonico per svolgere il ministero di parroco.
Nei mesi di pandemia da Covid-19, sono tornato spesso con la memoria agli incontri che ho avuto la fortuna di vivere con i futuri preti. Soprattutto nelle settimane di ricovero, perché anch’io ammalato di Covid, gli “appuntamenti” con le mie esperienze passate sono diventati frequenti. D’altronde, in una stanza di terapia intensiva si è anche agevolati da questa sorta d’introspezione. Ho pensato tanto al nostro donarci come sacerdoti; all’amore ricevuto e a quello donato; a tutte le opportunità di fare del bene non sfruttate. Ho pregato per tutti i malati, ho invocato il perdono per tutte le volte che non sono stato all’altezza. Ho ripetuto sovente dentro di me: “Signore, sono tuo”. Proprio come il giorno della mia ordinazione presbiterale. E così immagino abbiano fatto tutti i sacerdoti che hanno vissuto il loro servizio in mezzo al popolo di Dio, fino all’estremo sacrificio di se stessi.
A 10 anni dall’assassinio a Islamabad, in Pakistan, del ministro per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, parla al Sir il fratello Paul Bhatti.
Il 6 marzo Papa Francesco sarà a Ur dei caldei, patria di Abramo, uno dei grandi centri urbani della civiltà sumera. Lì, sullo sfondo della famosa ziggurat, avrà luogo un incontro interreligioso che si profila come una delle tappe più significative del suo imminente viaggio in Iraq (5-8 marzo). A Ur da anni sono attivi, nel campo della riscoperta e salvaguardia del sito, rappresentanti della società civile irachena e italiana. Tra loro esperti internazionali di patrimonio culturale e archeologico iracheno coordinati dall’ong Un Ponte Per.
“Oggi ci sono spinte negative che vorrebbero distorcere quelle che sono state le tristi vicende della storia. Qualcuno vorrebbe negare l’Olocausto. Qualcuno vorrebbe delegittimare addirittura l’esistenza di Israele. Contro questi atteggiamenti che vanno contro la Nazione e l’intera umanità, il messaggio della Chiesa è estremamente chiaro”. Lo afferma il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, nel messaggio diffuso per la campagna mediatica #StopAntiSemitism.
È la foto-simbolo delle manifestazioni di ieri in Myanmar contro il colpo di Stato del 1° febbraio. Una suora, in ginocchio, davanti alla polizia antisommossa, per implorare le forze dell’ordine di non usare violenza contro i manifestanti. Da Yangon il cardinale Charles Bo pronuncia parole fortissime: “L’ho ripetuto tante volte: l’odio non scaccia mai l’odio: solo amore. L’oscurità non vince mai l’oscurità; solo la luce può dissipare le tenebre. La logica dell’occhio per occhio rende cieco il mondo”.
Intervista al leader sciita Sayyed Jawad Al-Khoei: “La visita di Papa Francesco in Iraq non è solo per i cristiani, ma è per tutti coloro che ovunque lavorano per la pace”. Sulla presenza dei cristiani in Medio Oriente: “La bellezza di questa terra sta nella nostra diversità e non possiamo immaginare questo posto senza cristiani”.
Se riuscirà davvero a compierla – fino all’ultimo inevitabilmente staremo col fiato sospeso – non c’è dubbio che la visita del Papa in Iraq sarà un avvenimento storico. In vista dell’anno giubilare del 2000, san Giovanni Paolo II l’aveva messa in programma ma alla fine Saddam Hussein decise per il no; il Papa la desiderava molto perché era l’occasione per celebrare gli inizi della storia della salvezza.
Tra Los Angeles e New York, con premiazioni in streaming, si è tenuta dunque la 78aedizione dei Golden Globe, i premi della Hollywood Foreign Press Association, considerati l’anticamera degli Oscar (il 15 marzo saranno svelate le candidature agli Academy Awards). E i “Globes” quest’anno hanno incoronato in particolare il film “Nomadland” e la sua regista Chloé Zhao, come pure le serie Netflix “The Crown” e “La regina degli scacchi”.
Nel nuovo numero della rivista promossa dalla Caritas si affronta, in un ampio e documentato servizio, un aspetto poco noto della crisi pandemica: giocolieri, ballerini, cantanti, equilibristi, statue, maghi sono rimasti praticamente senza lavoro, e il problema riguarda anche luna park e circhi. Migliaia di famiglie in difficoltà e un intero settore economico che rischia di sparire. La parola ai protagonisti.
Richiamare l’attenzione sul fatto che molti ragazzi, al di là dell’isolamento causato dalla pandemia, vivono da sempre una condizione di solitudine e emarginazione. Adolescenti discriminati perché vittime di pregiudizi e stereotipi che vengono “appiccicati” su di loro superficialmente, come etichette indelebili. È l’obiettivo della campagna #UPprezzami di Save the Children, volta a coinvolgere sempre più le scuole nel contrasto di pregiudizi e stereotipi, lanciata oggi in occasione della Giornata internazionale contro le discriminazioni.
Coprirsi il volto nei luoghi pubblici è ritenuto una “minaccia” alla sicurezza. Ma, afferma il docente di filosofia alla facoltà teologica di Lugano, “questa è una proposta che non favorisce integrazione e dialogo”. Lo studioso illustra al Sir origine e obiettivi del voto popolare di domenica 7 marzo, che incrocia il tema della libertà religiosa. Il Consiglio svizzero delle religioni, di cui fa parte anche la Chiesa cattolica, ha pubblicato una “presa di posizione” decisamente contraria all’iniziativa referendaria.
Nella seconda Domenica di Quaresima la liturgia ci offre la possibilità di riflettere sul grande mistero della Trasfigurazione. L’itinerario quaresimale che stiamo vivendo suggerisce una lettura del Vangelo a partire dall’esperienza degli apostoli. A tale proposito scrisse Paul Evdokimov: “La storia evangelica non parla della trasfigurazione del Signore, ma di quella degli apostoli, sono infatti gli apostoli ad aver bisogno di questa trasfigurazione”. Marco inizia il suo racconto con queste parole: “Li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli”. Il cammino della trasfigurazione proposto agli apostoli esige un cambio di prospettiva, occorre salire e rimanere da soli con lui. Al centro della Quaresima non ci sono le opere di penitenza degli uomini, queste vengono dopo, ma la grazia di Dio che chiede all’uomo la totale disponibilità attraverso una vera conversione del cuore.
La Quaresima dunque è un vero e proprio cammino di trasfigurazione, dove deposte le vesti del peccato, rivestiti e purificati dal Sangue dell’Agnello, attraverso l’ascolto filiale ci lasciamo condurre in alto per vivere l’esperienza della sua amicizia che salva.
Il 29 febbraio è il giorno più raro che ci sia, e per questo è stato scelto per la Giornata mondiale delle malattie rare, ricorrenza nata per accendere i riflettori su patologie praticamente “invisibili” ma molto reali, a volte complesse, dietro le quali ci sono volti, storie di sofferenza, lotta e speranza. Ne sono colpite oltre 1,2 milioni di persone in Italia. Un caso su cinque riguarda un bambino.
Non eroi che sfidano il destino, ma persone come tutti, con problemi, bisogni, desideri, progetti. Ma anche se nel mondo sono 300 milioni, sono “rari”, perciò praticamente invisibili. Parliamo di adulti e bambini affetti da malattie rare. Al Sir, Maria Luisa Tutino racconta la sua esperienza di ricercatrice e mamma di Elettra, una bimba affetta da sindrome di deficienza della proteina Cdkl5.
La luce in fondo al tunnel si vede ma non è tempo di distrazioni. Nella battaglia contro il Sars-Cov2 la professoressa Patrizia Laurenti, direttore dell’unità di Igiene Ospedaliera e responsabile del centro di vaccinazione del Policlinico Gemelli, è ogni giorno in prima linea. L’esperta vede gli ottimi risultati degli studi sul vaccino Sputnik e l’impegno per mandare avanti la campagna di vaccinazione anche per pazienti con fragilità. Ma sulle piscine è chiara: meglio lasciarle chiuse.
La scuola presa di mira oggi è la Government Girls Science Secondary School di Jangebe. Unicef e missionari denunciano una situazione insostenibile nel Paese tra povertà, violenza e conflitti locali. Solo alcuni giorni fa si erano pronunciati i vescovi. Nelle regioni insicure, soggette a continui attacchi, “garantire ai ragazzi un ambiente sano dove studiare è una priorità”, dice padre Augustine Okeke, direttore del Child Protection Center di Lagos.
La comunità cittadina di Sonnino, in provincia di Latina, si è stretta oggi intorno alla famiglia di Vittorio Iacovacci, il carabiniere ucciso lunedì in Repubblica democratica del Congo, di cui sono stati celebrati i funerali nella parrocchia di Santa Maria Annunziata, all’abbazia di Fossanova.
Due serie Tv al centro del “punto streaming” settimanale della Commissione nazionale valutazione film Cei e del Sir. Due produzioni da industrie-culturali diverse, Stati Uniti e Germania, con linee di racconto accomunate però da alcuni temi-polarizzazioni ricorrenti come giustizia-criminalità, bene-male, egoismo-solidarietà, e in generale un focus sul rapporto padre-figlio.
“Sono soprattutto famiglie, donne, bambini, mamme incinte, disabili, perfino in persone in carrozzina”. È quello che ti dicono tutti, quando chiedi di descrivere chi sono i venezuelani che continuano a fuggire, a migliaia, dal loro Paese, trovando sempre più spesso l’esercito ad attenderli e a bloccarli ai passi di frontiera. All’inizio erano intellettuali, oppositori politici, persone laureate. Poi hanno cominciato ad andarsene i padri di famiglia, i giovani. Ora fuggono tutti. I viaggi della disperazione investono tutto il Sudamerica e in particolare i Paesi andini.
I nostri missionari ci scrivono. Padre Tonino Pasolini: “Qua la distanza sociale è di due metri. Con la radio siamo impegnati per gli annunci di servizio pubblico sulla pandemia. Le nostre restrizioni sono simili a quelle che avete voi. Tutte le scuole rimangono chiuse. Tutte le chiese e le moschee sono chiuse. Tutti i confini sono chiusi”, dice il missionario cesenate. Con la radio “Rafforziamo le pratiche sicure. Combattiamo la paura. Soprattutto, combattiamo notizie false e informazioni distorte”.