Siria: Msf, mancano test diagnostici e forniture mediche per Covid-19

La seconda ondata di Covid-19 ha raggiunto il nord-est della Siria. I casi confermati sono più di 15.000, tra cui almeno 960 operatori sanitari, mentre 640 sono stati i decessi. È quanto denuncia l’associazione Medici senza frontiere (Msf) per la quale a un anno dal primo caso di Covid-19 nell’area, “la risposta è ancora debole e decisamente insufficiente e i piani vaccinali per gli operatori sanitari che lavorano in prima linea, ma anche per la popolazione, restano vaghi. Crediamo che il numero reale dei contagi sia molto più alto dei dati ufficiali perché le persone continuano ad avere difficoltà nell’accedere ai test diagnostici e ai servizi sanitari”. Msf denuncia la rapida diffusione nel nord-est del Paese, a Hassakeh e Raqqa, si legge in una nota, “nei due ospedali Covid che supportiamo nella regione, nell’ultimo mese le équipe mediche hanno assistito ad un drastico aumento dei contagi anche tra gli operatori sanitari. Con un tasso di positività ai test molecolari pari al 47%, è chiaro che molti casi non vengono diagnosticati, e questo è strettamente collegato alle carenze nei test diagnostici”. Per Crystal Van Leeuwen, responsabile medico Msf in Siria, “c’è una evidente mancanza di test diagnostici, di capacità ospedaliera per gestire i pazienti, non c’è abbastanza ossigeno per chi ne ha più bisogno e la disponibilità di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari è ancora limitata”. L’unico laboratorio della regione che può eseguire test diagnostici per il Covid-19 si trova a Qamishli, ma anche qui, dichiara Msf, “le forniture scarseggiano e nel giro di due settimane non saranno più disponibili i test molecolari a meno che non ne arrivino di nuovi. Abbiamo donato test al laboratorio di Qamishli in quattro occasioni, dall’inizio della pandemia, per evitare che le forniture finissero e assicurare la continuità dei test”. Almeno due centri di trattamento Covid-19 a Hassakeh e Raqqa hanno dovuto interrompere le attività per mancanza di forniture mediche, legate all’assenza di una pianificazione di fondi a lungo termine da parte delle organizzazioni umanitarie e alle difficoltà di approvvigionamento. “Le autorità locali – spiega l’associazione – riferiscono che sono stati promessi solo 20.000 vaccini per un’area che ospita 5 milioni di persone, e non è nemmeno chiaro se quei vaccini arriveranno mai”. “L’assegnazione di vaccini e altre forniture essenziali – rimarca Van Leeuwen – si è dimostrata iniqua nelle diverse regioni del Paese, provando che ancora una volta la risposta agli aiuti umanitari nel nord-est della Siria è influenzata negativamente dalle politiche regionali e dalla mancanza di un meccanismo transfrontaliero delle Nazioni Unite”. “La risposta al Covid-19 nel nord-est della Siria – conclude Van Leeuwen – è insufficiente e le persone continuano a morire a causa di questa malattia senza poter essere curate. Un aumento significativo del supporto da parte delle organizzazioni sanitarie e umanitarie è fondamentale, così come la flessibilità dei donatori per sostenere l’intervento delle organizzazioni in questa pandemia”.

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