Myanmar: 16 maggio, messa per la pace con Papa Francesco. Joseph Buan Sing (gesuita), “anche i buddisti ci hanno chiesto di poter essere presenti”

“Un mese fa ho scritto personalmente una lettera a Papa Francesco e lui mi ha risposto. Mi hanno chiamato dal Vaticano per dirmi che il Papa accettava di celebrare con noi una Messa per la pace in Myanmar”. A raccontare al Sir come la comunità birmana a Roma si sta preparando alla messa del 16 maggio con il Santo Padre è Joseph Buan Sing, gesuita del Myanmar, in formazione nella Chiesa del Gesù a Roma. L’annuncio ufficiale è arrivato ieri dalla Prefettura della Casa Pontificia: Papa Francesco celebrerà una Messa con la Comunità dei fedeli del Myanmar residenti a Roma il 16 maggio, alle 10, all’Altare della Cattedra in San Pietro. I cattolici birmani residenti in Italia rispondono così all’appello lanciato dal cardinale Charles Bo da Yangon di dedicare il mese mariano di maggio ad una serrata maratona di preghiera per la pace nel loro Paese, proponendo con questa intenzione in ogni chiesa l’adorazione eucaristica quotidiana (dalle 14.30 alle 15,30) e il rosario quotidiano (dalle 19 alle 20).

Joseph fa parte del gruppo “Catholics Priests and Religious of Myanmar in Rome” e dal primo febbraio, giorno in cui la giunta militare ha preso il potere con un colpo di Stato, anche qui in Italia, ogni sabato viene recitato il rosario. Il 20 febbraio, nella Chiesa del Gesù a Roma, è stata celebrata una Messa. Tre invece sono state le manifestazioni che insieme agli amici birmani si sono svolte in questi ultimi mesi in Italia per il Myanmar e il 25 aprile scorso, preti e suore birmani sono andati in piazza San Pietro ed hanno esposto su una lunga bandiera l’appello: “Pray for Myanmar, Grazie”.

Alla Messa con Papa Francesco, è prevista una presenza di 200 persone. “Anche i buddisti ci hanno chiesto di poter essere presenti”, racconta Joseph. La Messa sarà celebrata in due lingue. La prima lettura sarà letta in birmano. Il salmo sarà cantato e poi le preghiere dei fedeli saranno in italiano e in birmano. “Sarà una grande invocazione per la pace in Myanmar. Siamo felici di avere con noi il Papa. Papa Francesco non cessa di mostrarci la sua vicinanza e il suo amore per il nostro popolo. In questi ultimi mesi, il Santo Padre ha menzionato almeno 6 volte il Myanmar lanciando appelli alla riconciliazione e al dialogo come uniche vie per costruire la pace. Noi sentiamo in lui l’amore del buon Pastore, del buon padre per la Chiesa”. La comunità birmana in Italia sta seguendo con preoccupazione e difficoltà la situazione nel loro Paese. “La prima preoccupazione che abbiamo è per i poveri”, confida Joseph.

“L’economia è stata ferma per tre mesi. Anche il Myanmar è stato colpito dalla pandemia e poi il 1 febbraio c’è stato il colpo di Stato. Non sappiano esattamente cosa sta succedendo ora e come stanno le persone. Non riusciamo a metterci in contatto con le nostre famiglie e i nostri amici. Internet è bloccato dal 15 marzo e con il wifi, anche i cellulari sono irraggiungibili. Siamo davvero molto preoccupati per la gente perché veramente non hanno cibo. Altra emergenza è la mancanza di lavoro e se non c’è lavoro, non ci sono soldi e se non ci sono i soldi, le persone non hanno i mezzi per sopravvivere. Poi c’è l’emergenza dei giovani. Siamo un Paese con una popolazione di 55milioni di persone di cui il 50% è giovane. A causa del Covid, scuole e università sono state chiuse ma i ragazzi facevano lezione attraverso Internet. Ora con il colpo di Stato, la rete è stata tagliata e milioni di studenti non hanno più accesso all’educazione mettendo così a rischio il futuro del nostro Paese. Infine, l’ultima emergenza è la pace. Il Papa ha sempre chiesto che prevalga il dialogo sulla repressione e l’armonia sulla discordia. La gente del Myanmar chiede una sola cosa: poter tornare a vivere nella pace”.

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