Il Ponte d’Oro: nella rivista missionaria dei ragazzi tutti i “muri da saltare” per vincere le paure e creare fraternità

Con l’inizio della Quaresima, il numero di marzo della rivista per ragazzi “Il Ponte d’Oro”, edita dalla Fondazione Missio, descrive a bambini e preadolescenti “quei muri invisibili della paura, dell’odio, dell’egoismo che spingono a costruire barriere – e spesso guerre – per dividere, confinare, bloccare l’altro”. Nel dossier del mensile si parla dei 70 muri che oggi si contano al confine tra diversi Paesi o regioni dei vari continenti. “Ma si racconta anche – spiegano dalla redazione – l’esperienza di chi (missionari e persone che scelgono di rimanere umane di fronte a tanta disumanità) vive in prima persona l’impegno per accogliere, offrire riparo, aiutare”. Uno spazio speciale viene riservato “a chi segue Gesù ad ogni costo, anche a rischio della vita: sono i missionari martiri, di cui si parla nell’editoriale. “Nel mese di marzo – si legge – la Chiesa ricorda, con una giornata speciale, i “missionari martiri”, […] coloro che hanno incontrato sofferenza e morte a causa del loro impegno per portare il Vangelo in qualche angolo del mondo, vivendo con spirito di solidarietà, rispetto e dialogo assieme a popoli che abitano in Africa, in Asia, in America, in Europa o in Oceania”.
Il “Viaggio in” conduce nel subcontinente indiano e svela ai piccoli lettori l’esistenza dei dalit, gli “intoccabili”: “Qui è ancora molto vivo il sistema ingiusto delle caste (anche se fuorilegge), secondo il quale quest’ultimi sono discriminati ed emarginati dalla società”. La rubrica dedicata alla presentazione della biografia illustrata di chi ha fatto la storia più o meno recente della missione, presenta santa Giuseppina Bakhita, vittima della tratta degli schiavi in Sudan, poi diventata suora canossiana in Italia.
Infine un nuovo spazio chiamato “Mo(n)di di dire”: una pagina per presentare, di numero in numero, un’espressione tipica di un popolo o di una cultura. Con “pole pole”, che in kiswahili significa “piano piano, con calma”, si descrive un modo di vivere tipicamente africano “che dà la giusta importanza all’incontro, all’ascolto, alla capacità delle persone di darsi spazio anche solo per un saluto, di vivere la quotidianità arricchendola di significato e relazioni”.

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