Sla: studio Aisla sui figli dei malati, 53% ha criticità socio-emotive ma grande autonomia e capacità di problem solving

La Sla modifica radicalmente la vita di chi ne è colpito e dell’intero nucleo familiare. Ma quando sono presenti dei minori, qual è il loro impatto con il dolore? Quali sono gli aspetti che incidono sulla loro crescita emotiva? E come è possibile sostenerli? Sono le risposte contenute in uno studio sulla Sla, Sclerosi laterale amiotrofica, pubblicato sulla rivista Scientific reports di Nature e frutto di un lavoro voluto da Aisla, Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, con il sostegno di Fondazione Mediolanum onlus e condotto dalla Scuola di Psicologia dell’Università di Padova. I risultati dello studio, diffuso in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia, rappresentano la realtà quotidiana che i “figli dei malati di Sla” devono affrontare ogni giorno, “costretti a crescere più in fretta degli altri ma che per nessun motivo al mondo devono rinunciare ai loro sogni”. Come poterli aiutare ad affrontare una situazione difficile senza creare loro problemi di socializzazione e personali? “Ascolto, comprensione e supporto, sono queste le azioni di cui hanno bisogno i nostri bimbi”, dichiara Fulvia Massimelli presidente Aisla. In particolare, lo studio ha posto l’attenzione sulle dimensioni essenziali per la definizione dell’identità personale e sociale come l’attaccamento nei confronti dei genitori; l’affettività; la capacità di adattamento e resilienza; il concetto di morte, lo sviluppo socio-emotivo e il livello di autostima. Nel progetto sono stati coinvolti 25 nuclei familiari per un totale di 38 bambini e adolescenti dai 7 ai 18 anni e con un familiare affetto da Sla (genitori, nonni, zii). I risultati dello studio hanno evidenziato come il 53% dei soggetti osservati presentino criticità relative all’autostima e alle competenze socio-emotive. Rispetto ai coetanei è stato osservato come i bimbi con un familiare malato possano avere maggiore difficoltà a sviluppare un’affettività positiva. Questo significa che, durante la crescita, potrebbero avere maggiori ostacoli nell’esternare le proprie emozioni e, quindi, limitare la capacità di socializzazione. Questi figli hanno però un elevato grado di autonomia e, nel tempo, questa capacità di reagire nel quotidiano si trasforma in problem solving. Sono bimbi coraggiosi capaci di collaborare e di mantenere viva la speranza. Tutti i 38 bambini percepiscono inoltre l’evento della morte come un passaggio e non come la fine della vita stessa.

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