Persone sorde: mons. Malpelo (Cei), “vi invito a mettervi in gioco”. Suor Donatello, “la sfida è essere credibili e prossimi”

“Vi invito a mettervi in gioco, a essere pressanti con i vostri pastori per creare nuove buone pratiche”. Lo ha detto mons. Roberto Malpelo, sottosegretario della Conferenza episcopale italiana e direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi giuridici, dopo aver ascoltato le esperienze di rappresentanti di associazioni o parrocchie italiane, durante l’incontro dedicato questa mattina a Roma al cammino sinodale per i sordi. “Sta già iniziando – ha affermato mons. Malpelo – una comunicazione di buone pratiche. La Cei ha iniziato il Servizio per la pastorale delle persone con disabilità due anni fa e chiede il vostro contributo”. “Grazie delle esperienze che ci avete raccontato, non possiamo trovare una soluzione a tutto ma un’attenzione particolare nei confronti della disabilità nella pastorale ordinaria credo sia una novità forte. La Cei ha cuore tutti, anche questa forma di disabilità perché siamo fratelli e sorelli e indipendentemente della forma tecnica di comunicazione il desiderio di relazionarci fa crescere dal basso anche con i vostri doni”.
Al termine del giro di racconto delle esperienze, suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità, ha commentato: “Una sfida e un’opportunità per noi e la Chiesa locale è lavorare sul pregiudizio religioso: aiutare i nostri parroci ad avere compassione, avere una capacità che va oltre. Noi viviamo con la comunità e partecipiamo alla vita della comunità cristiana. Siamo chiamati ad essere vicini e avere un linguaggio prossimo, che non è solo avere l’interprete, perché la Chiesa non è un distributore automatico. Il Sinodo è una grande possibilità. Credo che questo farsi vicino debba essere in ogni ambito della vita. Siamo chiamati a versare i nostri doni all’interno della comunità. Se non lo facciamo la comunità manca”. “La sfida è essere credibili, non solo credenti, essere prossimi: lavorare con i giovani, le famiglie. Serve una pastorale che non delega – ha concluso – ma che condivide e non ha paura di condividere. La sfida è essere il Buon Samaritano che si fa prossimo e continua a camminare nella Chiesa”.

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