America Latina: delegazione di “Iglesias y Minería alla Comece. Mons. Londoño Buitrago (Colombia), “multinazionali promettono ricchezza, ma fanno terra bruciata”

“All’inizio volavano con i loro elicotteri, facevano i loro rilievi e dicevano che stavano studiando metodi per nuove coltivazioni. Ma non era vero. Poi, una volta avute le concessioni per le miniere, promettevano ricchezza e progresso. Ma nulla di tutto questo è accaduto”. Mons. Noel Antonio Londoño Buitrago, vescovo di Jericó, nella zona meridionale del dipartimento colombiano di Antioquia, sulla cordigliera centrale, da quando è diventato vescovo, dieci anni fa, ha dovuto diventare esperto di questioni minerarie, arrivando in una zona già “occupata” dalla multinazionale sudafricana AngloGoldAshanti, in alleanza con la canadese B2Gold, che sfrutta giacimenti d’oro e di rame. Una situazione non isolata, in America Latina. Se ne sta avendo conferma grazie al “tour” europeo di una delegazione della rete ecumenica “Iglesias y Minería”, guidata dal vescovo colombiano e composta da missionari e leader ambientali di Argentina, Perù, Ecuador, Brasile e Guatemala. Ieri il gruppo è stato a Bruxelles e ha tenuto un incontro nella sede della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea), alla presenza del segretario generale, padre Manuel Barrios Prieto, e dei rappresentanti di altre organizzazioni, come l’Alleanza Laudato si’ e il Cisde.
“Siamo stati ben accolti, l’incontro è andato molto bene – prosegue mons. Londoño nel suo colloquio con il Sir –. Abbiamo trovato ascolto e comprensione”. In precedenza, la delegazione era stata a Madrid e a Roma (mercoledì era presente all’udienza generale di Papa Francesco), nei prossimi giorni si sposterà in Germania, per un incontro all’Università di Tubinga. “Fino a due settimane fa tra noi di questa delegazione, non ci conoscevamo. E abbiamo iniziato a condividere le nostre esperienze”. Che si assomigliano molto, dato che quando l’attività estrattiva intensiva arriva in un territorio, il risultato è quello di fare “terra bruciata” di altre attività economiche, e provocando pesanti danni all’ambiente. “Pensi – continua il vescovo colombiano – che c’è un comune di 6mila abitanti, vicino a Jericó, dove le concessioni minerarie riguardano il 97% del suo territorio. Qui in Colombia, fino a 25 anni fa, non c’era un Codice minerario. Quello che poi è stato approvato, è stato in pratica scritto sotto la dettatura delle multinazionali canadesi. Moltissime miniere sono legali, ci sono i permessi. Ma la nostra, per esempio, è una zona molto fragile dal punto di vista geologico. Non ci sono discariche per i rifiuti, perché sarebbe pericoloso. Invece, scavare un chilometro cubo di montagna si può senza problemi. Loro promettono, offrono, offrono e ancora offrono, si fanno amiche le autorità locali”. La Chiesa cerca di creare reti, “abbiamo anche cercato delle persone competenti dal punto di vista ambientale, geologico, giuridico. Una di queste persone, ora, con il cambio di governo, è stata incaricata di seguire le licenze minerarie, e speriamo che si possa arrivare a qualche risultato”.
L’azione dal basso, l’alleanza tra Chiese, società civile, popolazione, è decisiva anche in altri contesti, come spiegano al Sir Valentina Vidal, missionaria laica claretiana nella Patagonia argentina, e Alex Donalson García, esperto ambientale e leader sociale in Guatemala. “Oltre alle miniere, si è aggiunto il progetto di un grande oleodotto per trasportare il petrolio. Il tutto sempre senza consultare la popolazione”. Il leader guatemalteco parla di una “terra dilaniata” dalle multinazionali minerarie, e di una popolazione “spesso costretta a emigrare”, di fronte alla mancanza di opportunità e a un territorio compromesso. Anche se sembra la lotta di Davide contro Golia, “la comunità è fondamentale, così come le alleanze nella società civile”. Una rete virtuosa che rappresenta, in molti casi, l’unica speranza.

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