Anziani: progetto “Inclusive ageing in place – In-Age”, “per vincere solitudine necessarie varietà delle reti di sostegno e frequenza dei contatti”

Si è svolto stamattina l’evento conclusivo del progetto “Inclusive ageing in place — In-Age”, che affronta il tema della condizione di fragilità delle persone anziane e i relativi rischi di isolamento sociale. La finalità della ricerca, realizzata da Politecnico, Inrca, Università Mediterranea di Reggio Calabria e Auser, è quella di proporre possibili azioni e strategie a sostegno del miglioramento della qualità della vita dell’anziano fragile e di un invecchiamento più sereno e sicuro nella propria abitazione.
Ad affrontare la questione “Fragilità, isolamento e solitudine” sono stati i ricercatori del Laboratorio di politiche sociali del Politecnico di Milano. Dalla ricerca emerge un quadro complesso e con tratti inediti: “Essere fragili non implica avere meno relazioni. Anzi il contrario (sul ‘terreno’ della cura si possono definire ‘opportunità’ di contatto con il mondo esterno); mentre in assenza di condizioni marcate di fragilità c’è minore attenzione da parte degli altri e conseguentemente, maggiori rischi di isolamento/abbandono”. Inoltre, “non è scontato il fatto che essere più fragili implichi necessariamente una percezione soggettiva di isolamento”. Tuttavia, “emergono differenze fra aree urbane/interne”. In particolare, nelle aree interne “essere più fragili si associa maggiormente a condizioni di solitudine”. In generale, “essere immersi in una rete di rapporti sociali è importante per abbattere il senso di solitudine, ma non basta. Funzione cruciale è svolta non tanto dal grado di estensione dei rapporti, ma anche dal tipo di rete che si costruisce attorno all’anziano”. In questo senso “due fattori importanti sono la varietà delle reti – non solo famiglia, ma anche amici, vicini, volontari, operatori – e frequenza dei contatti”.

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