Diocesi: mons. Crociata (Latina), “la fede di don Mario Sbarigia non era abitudinaria e scontata, ma sempre viva, ogni giorno”

(Foto: diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno)

Mons. Mario Sbarigia “ha interpretato in modo creativo e vitale la parrocchia, per lo più sinonimo di una condizione ecclesiale stanziale, ripetitiva e talora quasi inerte. Ne è segno la ricchezza di presenze e di iniziative che ha caratterizzato le parrocchie in cui ha svolto il suo ministero, con la considerevole attività di gruppi, associazioni e movimenti, e la non meno ricca serie di responsabilità assunte al di fuori delle solite pratiche parrocchiali, come insegnante, come promotore di incontri e di associazionismo studentesco, impegnato nella cura dei migranti e dei circensi, come direttore della Caritas e attento ai poveri nelle più diverse situazioni di indigenza e di bisogno”. Lo ha sottolineato, stamattina, mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, nell’omelia per le esequie di mons. Mario Sbarigia, vicario generale emerito della diocesi pontina, morto il 5 ottobre, all’età di 82 anni, celebrate nella cattedrale di san Marco, a Latina.
“La sua sensibilità spirituale formata all’esperienza dei Focolari è stata innanzitutto una energia interiore che ha animato la sua vita e i suoi rapporti, non una bandiera da ostentare o una organizzazione in cui rinchiudersi – ha proseguito mons. Crociata -. Non ha mai perduto la sua cordialità, il buonumore, la gioia direi, il suo essere pronto, il suo prendere l’iniziativa quando sentiva di essere chiamato da qualcuno o interpellato da una situazione. E poi ha dimostrato sempre un grande fervore. La sua non è stata una fede abitudinaria e scontata, ma sempre viva, ogni giorno. Coglievo lo sforzo di resistere alla banalizzazione dei discorsi e il desiderio di portare pensieri e parole sempre all’altezza della fede che gli scaldava il cuore”.
Per mons. Crociata, “a riprova di questa apertura di cuore e di mente, c’è da segnalare la sua sensibilità sociale. Vedeva che i problemi della povera gente, ma più in generale della città, non si risolvono con l’assistenzialismo, ma con iniziative e decisioni adeguate di amministratori e cittadini, oltre che della comunità ecclesiale. Questa sensibilità si apriva anche a dimensioni più vaste, al grande mondo con i suoi drammi e le sue sofferenze, come lo mostrava anche la sua partecipazione assidua, fin quando ha potuto, alla marcia annuale della pace e, non ultimo, il lungo periodo di vera e propria missione trascorso in Albania”.
Ricordando il ruolo svolto per tanti anni di viario generale, il vescovo ha osservato: “Il suo animo pacato e distaccato, intenzionalmente pacificatore nel senso più nobile della parola, era una condizione indispensabile per guardare con equanimità le varie situazioni personali ed ecclesiali, alla ricerca solo del maggior bene di tutti e di ciascuno. Incondizionatamente affidabile, non gli ho mai sentito non solo dire ma nemmeno pensare qualcosa che fosse meno che di rispetto e attenzione nei confronti di chiunque si dovesse parlare. Promotore del bene delle persone, credeva fermamente, come dice il vangelo, che il male si combatte innanzitutto promuovendo il bene, comunque e dovunque si trovi. Era veramente convinto che l’odio rende omicidi, come ci ha detto oggi san Giovanni, e che l’amore fraterno è insieme il segno e il frutto dell’amore che Dio ci dona nel suo Figlio morto e risorto per noi. Solo chi ama è veramente vivo. Chi odia si muove comunque nei meandri tenebrosi di una morte già in azione dentro e fuori di lui”.
Mons. Crociata ha concluso: “Il vangelo poi ci suggerisce che l’animo e l’intenzione di Gesù, che rivela il Padre come colui che accoglie incondizionatamente, in qualche modo don Mario ha cercato di farli propri. Anche lui ha cercato di accogliere tutti e di non perdere nessuno, sforzandosi delicatamente di instillare in ciascuno un po’ di quella fede che è stata l’anima e la forza della sua persona e di tutta la sua vita”.

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