Malattie rare: Omar, si conclude “RaccontAMY”, campagna con testimonianze dei pazienti con amiloidosi cardiaca per informare e sensibilizzare sulla patologia

Cinque video, i bisogni, le storie: l’amiloidosi cardiaca non è più una malattia rara senza voce. Si conclude oggi la campagna social “RaccontAMY – Chi vive l’amiloidosi cardiaca ha qualcosa da dirti”, ideata per informare i clinici e sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sull’amiloidosi cardiaca. L’iniziativa partita lo scorso giugno, promossa da Osservatorio malattie rare (Oamr) in collaborazione con Conacuore-Coordinamento nazionale associazioni del cuore-Odv, Famy- Associazione italiana amiloidosi familiare Onlus, Fondazione Italiana per il cuore e realizzata con il contributo non condizionante di Pfizer, ha raccontato per tutta l’estate le esperienze di persone, pazienti, che affrontano quotidianamente questa malattia il cui bersaglio principale è il cuore, organo che si celebra proprio oggi nella sua Giornata mondiale.
Le richieste del mondo associativo, le stesse emerse dalle video-testimonianze pubblicate sulle pagine Facebook e Twitter e sul canale YouTube di Omar, non lasciano spazio a dubbi e corrispondono alle necessità mediche ancora insoddisfatte dei pazienti. Prima fra tutte l’aumento del livello di conoscenza dell’amiloidosi cardiaca, necessario per poter ricevere una diagnosi tempestiva, considerando che si tratta di una malattia rapidamente progressiva in cui in media i pazienti vivono da 2 a 3,5 anni post-diagnosi.
A confermare quanto detto è il primo protagonista della campagna, Francesco Tosi, 68 anni, che nel corso della sua vita ha sempre praticato diversi sport, a livello agonistico e per diletto, ma che oggi non è più in grado di affrontare certi sforzi fisici. “Nel mio percorso verso la diagnosi sono stati sottovalutati diversi segni, come il tunnel carpale o altri piccoli problemi tendinei, che solo oggi so essere correlati all’amiloidosi. Non è stato facile, perché molti degli esami che ho fatto in questi anni davano dei risultati dubbi. Sono arrivato alla diagnosi solo con il test genetico che ha mostrato questa mutazione. Si tratta di una condizione che non è facilmente comprensibile anche per le persone vicine come i familiari e gli amici, perché è una patologia sconosciuta, spesso anche per i medici”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia