Naufragio in zona Sar libica: Asgi, “indagare su responsabilità delle autorità italiane”

“Indagare circa le responsabilità delle autorità italiane” riguardo al naufragio avvenuto il 12 marzo 2023 nelle acque della zona Sar libica, con almeno 30 persone “disperse”, a pochi giorni dalla strage di Steccato di Cutro: lo chiede oggi Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), precisando che dalla ricostruzione dei fatti fornita dall’organizzazione Alarm Phone risulta “che la segnalazione del barcone in difficoltà fu fatta fin dal 10-11 marzo e che le autorità libiche avessero già comunicato a quelle italiane di non essere in grado di intervenire per soccorrere l’imbarcazione in distress”. La Guardia costiera italiana ha confermato quanto accaduto pur precisando che “l’intervento di soccorso è avvenuto al di fuori dell’area di responsabilità Sar italiana, registrando l’inattività degli altri Centri nazionali di coordinamento e soccorso marittimo interessati per area”. Secondo Asgi “tale precisazione risulta del tutto insufficiente a sollevare l’Italia dalle proprie responsabilità”: “La Convenzione di Amburgo obbliga infatti ad agire ogni Stato interessato da una chiamata di soccorso – ribadisce Asgi – e a coordinare anche unità navali non nazionali che si trovano nell’area senonché ad occuparsi anche dello sbarco delle persone salvate. L’evento conferma inoltre che la zona Sar libica è fittizia, tanto che le forze libiche non intervengono se non per riportare le persone nei luoghi di detenzione”.
In una intervista a Radiocittà Fujiko, Luca Masera, dell’Asgi, precisa che la Convenzione di Amburgo prevede che, “quando uno Stato, come nel caso della Libia, o non sia in grado di apprestare i soccorsi, o non abbia la volontà di farlo, come in molti casi avviene ad esempio per Malta, gli altri Stati confinanti abbiano il dovere giuridico di assumere il coordinamento dei soccorsi”, con “un ruolo di supplenza”. Inoltre c’è l’altro “enorme problema della Libia: per le proprie condizioni atroci dei centri in cui vengono riportati i migranti, la Libia non può mai essere considerato un porto sicuro”. “In molti casi la politica, spesso la politica italiana, sembra dimenticare che cos’è la Libia – afferma Masera -. Quando si parla di soggetti che non dovrebbero partire e di bloccare le partenze significa affermare che vanno bloccati e lasciati all’inferno migliaia di persone”. Secondo Masera “il mancato intervento comporta da un punto di vista della responsabilità dello Stato a livello internazionale una responsabilità per non avere adempiuto ai propri doveri”. Poi c’è la responsabilità “dei singoli ufficiali dello Stato: questo è un problema del tutto aperto e bisognerà poi vedere se ci saranno delle indagini e se qualcuno di coloro che erano coinvolti nella catena di comando dei soccorsi ha omesso il proprio dovere”. A Cutro, ad esempio, “la responsabilità gravissima dello Stato italiano per non aver fatto quanto doveva e poteva fare si potrà poi concretizzare in un procedimento penale nei confronti delle persone che hanno concretamente assunto delle decisioni”. Asgi, insieme a 40 organizzazioni, ha depositato nei giorni scorsi un esposto collettivo per chiedere di accertare le responsabilità personali.

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