Ucraina: due sacerdoti in viaggio per portare aiuti a Lysycansk (Lugansk), “mancano medicine per fermare emorragie, qui è un genocidio”

Due sacerdoti in viaggio per Lysyčansk, nell’oblast (provincia) di Lugansk, per portare, nella zona più a est del Paese, viveri e medicine per l’ospedale della città. Sono don Sergio Palamarchuk, parroco di Lysyčansk e di Muratove della diocesi di Donetsk, e don Oleh Ladnyuk, sacerdote salesiano ucraino di Dnipro, capitale dell’oblast di Dnipropetrovs’k, confinante con il territorio di Donetsk. “Siamo a metà strada in viaggio verso Lysyčansk”, raccontano al Sir i due sacerdoti. “Portiamo medicine per l’ospedale per quanto siamo riusciti a raccoglierle e anche viveri per i civili e i militari perché in questo momento stanno avendo problemi anche a trovare alimenti. Sul posto verificheremo se hanno scorte sufficienti di acqua. Per ora sembra di sì”. Don Oleh racconta la situazione degli ospedali in quella zona. “Mancano – dice il sacerdote – soprattutto medicine per fermare la perdita di sangue. Non se ne trovano neanche a Leopoli. Tanti italiani mi scrivono per chiedere come possono aiutarci. Il migliore aiuto in questo momento sono le medicine. Il problema però è che non si riesce a mandarle in Ucraina via posta. Ma anche la via più diretta – quella da Cracovia, in Polonia – attualmente non è praticabile per la presenza massiccia di profughi lungo tutto il confine che impediscono anche il flusso degli aiuti”. Con i continui attacchi e bombardamenti, con i morti ci sono purtroppo anche tantissimi feriti di guerra.

“Siamo di fronte ad un genocidio”, dice don Oleh. “Stanno distruggendo tutto, le città, le case. Gli ospedali sono sovraffollati. E quello che temiamo è che tra poco avremo anche problemi di approvvigionamento di cibo. Fino ad adesso abbiamo utilizzato le scorte ma stanno finendo e avremo grandi problemi”. A Lysyčansk sono rimasti alcuni parrocchiani di don Sergio, anche bambini. Non sono scappati tutti. “Il primo giorno dell’attacco – continua don Oleh – con don Sergio abbiamo portato via un gruppo di bambini di Muratove. Avevamo capito che finiva male. Poi due giorni fa, li ho portati a Leopoli, ad ovest del Paese, perché lì è un posto più sicuro. A Muratove la città è semi distrutta ma soprattutto è ormai in mano ai russi. I bambini ci chiedevano quando potevano ritornare a casa. Purtroppo, non sarà più possibile per loro tornare indietro. Perché ormai lì una casa non ce l’hanno più”. I due sacerdoti lanciano quindi un appello: “Vi chiediamo di rimanere vicino a noi. L’Ucraina, in questo momento, sta combattendo una battaglia per tutti. È una guerra tra la democrazia e il totalitarismo. Se cadiamo noi, questa avanzata non si fermerà. Se non siamo uniti, sarà la terza guerra mondiale, se siamo uniti, riusciremo a fermarli. La testimonianza più importante in questo momento per noi come Chiesa è stare con la gente, non scappare e fare tutto il possibile per aiutare, pregare per loro, pregare insieme. Solo così, questa gente può vedere che Dio è presente, è vicino a loro e opera anche in questa follia”.

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