Ucraina: colpita stamattina la curia. Don Semenkov, “dentro nei sotterranei c’erano 40 persone. Stanno tutti bene ma qui è un inferno”

(Foto Gregorio Semenkov)

(Foto Gregorio Semenkov)

Una bomba questa mattina presto ha colpito anche la curia della Chiesa cattolica di Kharkiv. Dentro, nei sotterranei, erano rifugiate 40 persone. Stanno bene. Per fortuna, l’attacco ha solo provocato un grosso buco sul tetto. A raccontarlo al Sir è don Gregorio Semenkov, cancelliere della diocesi cattolica latina di Kharkiv e parroco della cattedrale. “Si è sfiorata la tragedia”, dice subito. “Stamattina è un inferno, la bomba è caduta sulla curia. Ci sono stati bombardamenti in centro città. Gli attacchi hanno preso di mira gli uffici governativi, le bombe hanno colpito anche le persone che stavano aspettando per prendere il pane e proprio in quel momento una bomba è caduta sulla curia. Ci sono tanti morti, per adesso non si hanno notizia del numero delle vittime e dei feriti. È caduta la connessione Internet per cui non ci arrivano informazioni aggiornate”.
“Nella curia – racconta il parroco – in questi giorni c’è tanta gente, molte mamme con i bambini. Siamo in tutto 40 persone. Li abbiamo messi in un posto sicuro. Eravamo tutti sotto la terra e per fortuna la bomba ha colpito in alto”. Dopo un primo momento di paura, la vita in curia è ricominciata subito.

(Foto Gregorio Semenkov)

“Le nostre donne sono forti e stanno già preparando il cibo per distribuirlo alle persone che hanno trovato rifugio sotto la metro. Ci sono infatti, qui vicino a noi, due stazioni della metropolitana dove portiamo rifornimenti  e cibo. Ci sono tante persone che ci chiamano, chiedono aiuto. La città è sotto coprifuoco, è chiusa, non si può uscire e entrare,  non possiamo fare nulla per il momento se non aiutare con cibi caldi e nel possibile con i rifugi”.

Foto Gregorio Semenkov

Don Gregorio racconta infine che con i rifugiati, nella casa della curia, il vescovo, mons. Paolo Gonczaruk, e i sacerdoti hanno dato ospitalità anche al vescovo ortodosso. “Vive qui con noi, perché la sua abitazione è vicina alla zona militare ed ha dovuto lasciare la casa. Lo stiamo ospitando. La guerra fa anche queste cose, siamo uniti”.

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