Processo in Vaticano: finiti interventi preliminari, domani ordinanza su tutte le eccezioni

È durata circa tre ore e venti minuti, dalle 10.10 alle 13.30, l’ottava udienza del processo in corso in Vaticano sugli investimenti finanziari della segreteria di Stato a Londra. Con questa udienza – ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi nell’Aula polifunzionale dei Musei vaticani – sono terminati gli interventi preliminari delle parti. Domani, alle 10, il presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone – come ha annunciato lui stesso al termine dell’udienza –  emanerà un’ordinanza su tutte le eccezioni sollevate dalle difese dei dieci imputati, a partire dalla richiesta di nullità del processo per deposito parziale per gli atti, presentata da tutte le difese dei dieci imputati. Tra di loro, oggi era presente in aula soltanto il cardinale Angelo Becciu. L’avvocato Gian Domenico Caiazza, legale di Raffaele Mincione, ha ribadito la richiesta di nullità parlando di “eclatante assurdità e insostenibilità” in merito alla presunta scelta dell’accusa di depositare soltanto parzialmente gli atti: “Si tratta di un sequestro nel sequestro, di un’incredibile brutalità”, ha detto il difensore: “Il tribunale rassicuri che tale idea non abbia cittadinanza nello Stato della Città del vaticano”. Anche l’avvocato Domenico Aiello, difensore di Nicola Squillace, ha invocato la nullità segnalando “incongruenze” nelle notifiche ricevute per l’interrogatorio del suo assistito, che – ha precisato – “da anni non risiede più in Italia ma a Londra, ha chiuso la partita Iva e non esercita più l’attività di professionale di avvocato in Italia”. Quando il tribunale vaticano ha annullato la misura nei suoi confronti, ha denunciato inoltre Aiello, “nulla è stato restituito, compreso il sequestro dei beni che riguardavano i suoi soci in affare”.  L’interrogatorio di Squillace, secondo la difesa, “sarebbe stato molto utile all’accusa”, in quanto Squillace “è un raffinato giurista che conosce molto bene gli istituti giuridici anglosassoni che sono alla base delle transazioni londinesi”. “Se è disponibile a farci conoscere il diritto anglosassone, ne ha tutte le possibilità”, la risposta dal tono ironico del presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone. L’avvocato Massimo Bassi, legale di Fabrizio Tirabassi, ha chiesto la nullità del processo per “derogata giustizia”, cioè per omesso deposito degli atti: si tratta, ha spiegato, di “divieti illegittimi che impediscono i diritti della difesa”. “La parzializzazione degli atti è inammissibile”, ha aggiunto riferendosi agli “omissis” presenti negli atti dell’interrogatorio di mons. Alberto Perlasca. Negli uffici di Tirabassi in segreteria di Stato, ha fatto presente Bassi, ” sono stati sequestrati un centinaio di scatoloni di documenti, 39 dei quali nell’ufficio di Tirabassi: non sappiamo dove possano essere”. Sempre in segreteria di Stato, ha reso noto inoltre il difensore, “sono stati sequestrati più di due milioni e mezzo di documenti, di cui sono state fatte copie informatiche e non copie forensi”. “Anche se le copie forensi non sono previste in Vaticano – ha commentato il legale – ci sono regole anche nel processo”. Per quanto riguarda le parti civili, per primo è intervenuto l’avvocato Giovanni Maria Flick, che difende l’Apsa, facendo notare come “questo processo dura da sette mesi e un giorno, esclusivamente per le fasi preliminari e procedurali”: ciò ha dato luogo “ad un’attività speculativa che ha procurato ingenti perdite per la Santa Sede”, ha aggiunto dichiarando infondata l’ipotesi di nullità del processo. Anche per l’avvocato Tito Manlio, difensore dell’Asif, il processo “ha gettato forte discredito” sull’autorità vaticana: “Costituirsi come parte civile è un dovere naturale, viste le ricadute reputazionali e i danni di immagine”. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono posizionati Elisa Scarina, che difende la segreteria di Stato come persona offesa, e l’avvocato Roberto Lipari, che ha depositato una memoria a nome dello Ior per dimostrare l’inconsistenza delle eccezioni di nullità. “Una tempesta in un bicchier d’acqua”: così il Promotore di giustizia, Alessandro Diddi,  ha definito il presunto mancato deposito integrale degli atti del processo. “Il tentativo delle difese – ha spiegato – è una strumentalizzazione per distogliere l’attenzione sul merito delle questioni. Secondo una stima aggiornata, le perdite della Santa Sede ammontano a 217 milioni di euro”. “Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è di fare un processo il più possibile aderente alle regole: molte delle questioni sono tutto, fuorché di carattere procedurale. Siamo sereni per il nostro operato e ringraziamo la polizia giudiziaria, che ha fatto l’impossibile”.

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