Crisi alimentari: Fao-Ifpri-Unicef-Wfp, “shock economici tra le cause principali, guerra in Ucraina ha contribuito ad insicurezza alimentare e nutrizionale acuta”

“Gli shock economici hanno superato i conflitti come fattore principale dell’insicurezza alimentare acuta e della malnutrizione in diverse gravi crisi alimentari. L’insieme degli shock economici globali, tra cui l’aumento dei prezzi del cibo e le gravi perturbazioni dei mercati, minano la resilienza dei paesi e la capacità di rispondere agli shock alimentari”. I risultati del rapporto confermano che “la guerra in Ucraina ha avuto un impatto negativo sulla sicurezza alimentare globale dal momento che sia l’Ucraina che la Russia sono degli importanti attori nella produzione e nel commercio globali di carburante, di input agricoli e di prodotti alimentari essenziali, in particolare grano, mais e olio di semi di girasole”. Lo ricordano in un comunicato congiunto Fao, Ifpri, Unicef e Wfp commentando i contenuti del rapporto annuale, prodotto dal Food Security Information Network lanciato oggi dal Global Network Against Food Crises, un’alleanza internazionale che include Nazioni Unite, Unione europea, agenzie governative e non governative, e che lavora per affrontare insieme le crisi alimentari.
“La comunità internazionale – sottolineano Fao, Ifpri, Unicef e Wfp – ha chiesto un cambio di paradigma per migliorare la prevenzione, le azioni anticipatorie e il targeting al fine di affrontare le cause profonde delle crisi alimentari, piuttosto che rispondere ai loro impatti quando si verificano. Ciò richiede approcci innovativi e sforzi più coordinati da parte di organizzazioni internazionali, governi, settore privato, organizzazioni regionali, società civile e comunità”. In particolare dovrebbero concentrarsi su un’assistenza umanitaria più efficace e nell’impegno a rendere i sistemi agroalimentari più sostenibili e più inclusivi.
Secondo le proiezioni del 2023 disponibili per 38 dei 58 Paesi/territori a partire da marzo 2023, fino a 153 milioni di persone (ovvero il 18% della popolazione analizzata) saranno nella fase 3 IPC/CH o superiore. Inoltre, si prevede che circa 310.000 persone saranno nella Fase 5 dell’IPC/CH in sei Paesi: Burkina Faso, Haiti, Mali, parti della Nigeria (26 stati e FCT), Somalia e Sud Sudan, di cui quasi tre quarti in Somalia.

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