Editoria: il Regno, nell’ultimo numero il conflitto israelo-palestinese e alcuni approfondimenti dall’incontro di Camaldoli

È intitolato “Israele-Hamas: nel tempo dell’odio. Riconoscere il dolore dell’altro” l’editoriale del diretto responsabile Gianfranco Brunelli pubblicato sull’ultimo numero de Il Regno-Attualità e documenti. Dando per assodato il diritto di Israele a difendersi – viene osservato –, deve allo stesso tempo essere accompagnato da un progetto sul “dopo” della guerra a partire dal criterio del riconoscimento “del dolore dell’altro”, come diceva il card. Martini già nel 2003: “La memoria delle sofferenze accumulate in tanti anni alimenta l’odio quando essa è memoria soltanto di se stessi, quando è riferita esclusivamente a sé, al proprio gruppo, alla propria giusta causa. Se ciascun popolo guarderà solo al proprio dolore, allora prevarrà sempre la ragione del risentimento, della rappresaglia, della vendetta. Ma se la memoria del dolore sarà anche memoria della sofferenza dell’altro, dell’estraneo e persino del nemico, allora essa può rappresentare l’inizio di un processo di comprensione. Dare voce al dolore altrui è premessa di ogni futura politica di pace”.
Sul nuovo numero della rivista vengono inoltre pubblicati spunti e approfondimenti emersi durante l’incontro organizzato a Camaldoli da Il Regno e dalla comunità monastica. In particolare, sul contributo del segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin che è intervenuto sulla delicata delicata questione mediorientale e del conflitto Russia-Ucraina nel suo intervento dal titolo “L’Europa come orizzonte di pace”: “L’invasione dell’Ucraina, la guerra e la devastazione del suo territorio – ha detto – comportano la distruzione anche delle regole e dei diritti internazionali sui quali si basa la possibilità di una convivenza pacifica, fino alla minaccia dell’estremo ricorso all’uso delle armi nucleari. L’Europa non può accettare che si ritorni a un sistema che ridisegna i confini con la forza”. Riguardo invece alla “questione” cattolica, il filosofo Adriano Fabris l’ha declinata come il cattolicesimo “in questione”, sotto l’influsso della secolarizzazione, della pervasività degli strumenti digitali, dopo l’epoca della pandemia. Esso deve puntare a una nuova mediazione “tra alterità del messaggio di salvezza, per quanto riguarda la sua origine, e mondo a cui questo messaggio si rivolge”, vale a dire “tra differenza e relazione”, e deve essere esercitata “agendo in contropiede: accettando cioè di giocare nel campo del mondo ma spiazzando il mondo sia con il pensiero sia con le opere, in quanto entrambe, nell’abito del cattolicesimo, sono motivate da un’istanza ulteriore”.
Inoltre vengono pubblicati anche i risultati della ricerca presentata sempre a Camaldoli “È un declino che procede lento”. Lo studio costituisce una seconda tappa e utile metro comparativo rispetto a quella del 2009 (cf. Regno-att. 10, 2010, 337). Dal quale emerge che in Italia diminuisce la percentuale di chi si dichiara cattolico (ma sono comunque 3 italiani su 4). Aumenta viceversa di quasi 10 punti chi si definisce non credente o ateo (1 italiano su 6). Diminuiscono di 10 punti gli italiani che vanno a messa ogni domenica e di poco meno coloro che ci vanno qualche volta al mese. Aumentano invece di 18 punti coloro che non vi partecipano mai. Cala la partecipazione dei nonni (un effetto delle celebrazioni digitali del tempo del Covid?), anche se continuano a essere la catena di trasmissione della fede alle giovani generazioni, sempre più lontane. Si secolarizzano le donne, da sempre la categoria più rappresentata nell’ambito religioso. Per quanto poi riguarda la partecipazione alla vita politica, se occorre sottolineare che più si è cattolici e praticanti più si va a votare, per quanto riguarda la scelta elettorale, si può dire con sicurezza che non esiste un voto cattolico.

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