Vescovi siciliani: mons. Raspanti (Acireale), “il Papa ci ha chiesto di abbracciare la sorte del nostro popolo: all’amarezza dobbiamo rispondere con la presenza, sposandola fino anche alle estreme conseguenze”

“Parlando della Sicilia a noi sacerdoti e vescovi siciliani ricevuti in udienza privata in occasione dei 30 anni della Giornata sacerdotale mariana regionale, il pontefice ha usato parole di denuncia sociale ed istituzionale: ha detto di quella lentezza e di quella sfiducia e di tante difficoltà contro le quali ognuno di noi quotidianamente si impegna, che denuncia, che combatte. Ma sono le tante e belle parole di incoraggiamento, di vicinanza e d’affetto, quelle che ci riportiamo a casa dopo l’incontro personale con il Santo Padre. Personale, perché pensato per noi, tutto dedicato al clero di Sicilia e terminato con un lunghissimo tempo per i saluti durante il quale papa Francesco ci ha incontrati uno ad uno”. A sottolineare al Sir il “clima familiare, di giovialità e di cordialità” dell’incontro odierno con il Papa è mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e presidente della Conferenza episcopale siciliana (Cesi). “Il Papa ci ha accompagnati in una riflessione che ha avuto come punto di partenza una domanda: cosa, in questa epoca di cambiamento, sta veramente cambiando in Sicilia, in che modo e verso quale direzione; e – aggiunge il presule -, soprattutto, come si inserisce la Chiesa nelle pieghe di questi cambiamenti? Ci ha esortati a conoscerlo, ad accettarlo. E più ancora: a viverlo pienamente. La Chiesa risente di tale cambiamento in tutte le sue sfaccettature: deve sentirsi coinvolta dalla regressione e dall’inverno demografico, dalle migrazioni, dalle lungaggini burocratiche e dalla sfiducia che essa genera. A fronte di tutto ciò, il Papa ci ha chiesto di abbracciare la sorte del nostro popolo: all’amarezza dobbiamo rispondere con la presenza, sposandola fino anche alle estreme conseguenze”. Il Pontefice ha, poi, affrontato “il tema della liturgia, lodando la pietà popolare siciliana, la sua bellezza e la sua grandezza, ma – dice il presidente della Cesi -ci ha spinti a non fermarci solo alla ripetizione di usanze e tradizioni: ci ha esortati a renderla viva, a legarla in maniera intensa e indissolubile alla fede, a far sì che sia vestita di coerenza e di pratica delle virtù cristiane”. Un intervento che “ha dato vigore e maggiore intensità” a quanto già evidenziato dalla Cesi in una lettera indirizzata alle confraternite dell’isola in una delle sue ultime sessioni di lavoro.

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