“La fede va coltivata con la capacità di sopportare le avversità e con la costanza nella sopportazione. E poi bisogna mettersi in attesa che il frutto maturi, aiutandolo a crescere per quanto dipenda da noi, ma sapendo che solo una forza misteriosa può portarlo a piena maturazione”. Lo ha detto l’arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, nell’omelia pronunciata ieri durante la messa nel primo anniversario della strage di Ravanusa.
Prima delle messa, il presule ha fatto tappa nel cimitero di Campobello di Licata sulla tomba di Selene, del marito Giuseppe e del piccolo Samuele. “Anche noi, durante quest’anno, a mente più o meno lucida, chissà quante volte ci siamo chiesti perché Dio non abbia fermato quella tremenda esplosione, così come ci viene da chiederci perché non metta fine a tutte le disgrazie di cui è piena da sempre la storia umana. Sono domande del tutto lecite e probabilmente anche necessarie, perché ci mettono nelle condizioni di purificare la nostra fede”, ha osservato il presule. Quindi, il riferimento alla conversione con la quale dobbiamo “preparare la via del Signore”, che “non riguarda prima di tutto le nostre scelte e le nostre azioni, ma la mentalità, la logica con la quale pensiamo il senso della nostra esistenza e di tutti i suoi misteri di gioia e di dolore”. “Quando ci decidiamo ad accoglierlo, immediatamente cambia tutto: non perché cambia la realtà, ma perché cambiamo noi di fronte a essa. E noi, nel cuore della nostra tragedia, ne abbiamo una prova schiacciante”.
L’arcivescovo ha incoraggiato alla “fiducia nel Dio della vita, che ci dona la serenità interiore di affrontare le peggiori battaglie, sapendo che si concluderanno sempre con una vittoria, anche quando agli occhi degli uomini sembrerà una sconfitta”. “Dalla fede non possiamo aspettarci certezze assolute né vittorie a prezzi scontati. Ma credere che Colui nel quale abbiamo riposto la nostra fiducia è affidabile ci può e ci deve aiutare a smontarle, le nostre certezze, e a riporle unicamente in Lui”.