Si è svolta sabato 10 dicembre a Venezia l’assemblea delle comunità di teologia dei Seminari del Triveneto a Venezia presso la sala conferenze di Sant’Apollonia, accanto al Palazzo Patriarcale. Relatrice Paola Bignardi che ha esposto un report sul rapporto seminaristi, giovani e fede che riguarda anche alcuni dei candidati del Triveneto che hanno partecipato ai focus-group. Nel pomeriggio è stata poi offerta una meditazione sui mosaici della patriarcale basilica cattedrale di San Marco Evangelista, con una introduzione generale e poi con visite guidate suddividendo i seminaristi in piccoli gruppi. Infine, alle ore 16, a conclusione e compimento del convegno triveneto dei Seminari, il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, ha presieduto la messa, concelebrata dai rettori e dagli altri educatori. Ai seminaristi il patriarca ha suggerito di guardare al tempo del Seminario come ad un tempo necessario per crescere nella vocazione: “Bisogna essere pazienti, bisogna saper attendere. Il tempo è necessario nella vita di una persona, ma noi siamo figli di una società che ha ‘violentato’ i ritmi naturali. (…) Così conosciamo i disagi o le patologie innanzi a uno squilibrio o ad un cortocircuito fra i tempi naturali che appartengono all’umanità – per mangiare, dormire, riposare e divertirsi – e i ritmi ‘artificiali’ (per non dire ‘destrutturanti’ e ‘meccanici’) imposti da interessi ed esigenze di altro genere. Ogni vocazione – anche quella al presbitero – ha bisogno di un tempo per crescere e fiorire; ha bisogno di un ‘grembo di gestazione’ che è il Seminario. Tale periodo di ascolto, formazione, discernimento non è soltanto spazio cronologico (6/7 anni con le sue tappe) ma è un tempo – personale e comunitario – ‘valoriale’, fatto d’attesa e di scelte da condividere e verificare, in grado di plasmare e donare la spiritualità necessaria per affrontare e spendere la vita secondo la propria vocazione”.
Ai formatori, l’invito a “rivestirvi della paternità spirituale che nulla ha a che fare con gli stili degli influencer ma è qualcosa di unico. Ricordiamo le parole dell’apostolo Paolo: ‘Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo’ (1Cor 4,15). La vocazione è chiamata personale con cui Gesù interpella la libertà e la ‘provoca’ attraverso ‘segni’ più o meno evidenti. Ma i segni vanno attesi, invocati, valutati, accolti, senza pretenderli o volerli a partire dalla nostra logica e non da quella disarmante di Dio”.