Anziani non autosufficienti: Auser, “un sistema di assistenza inadeguato e differenziato nei livelli di copertura dei servizi”

Consapevoli delle trasformazioni demografiche in corso, le Regioni negli ultimi anni hanno prestato una crescente attenzione al tema degli anziani sia autosufficienti sia non autosufficienti, sia sotto il profilo sanitario che sociale. Lo ricorda l’Auser, nella ricerca “Anziani non autosufficienti e integrazione sociosanitaria nei Piani regionali” presentata oggi a Roma, da cui emerge un sistema di assistenza per i non autosufficienti profondamente inadeguato e differenziato nei livelli di copertura dei servizi, sia a livello nazionale sia all’interno delle singole regioni. “Una realtà venuta alla ribalta in modo chiaro e drammatico nel corso dell’emergenza sanitaria”. La ricerca ricorda che i Piani sanitari, in base al loro carattere, si distinguono in Piani sanitari, Piani sociosanitari, Piani sociosanitari integrati, Piani di rientro; mentre i Piani sociali regionali in base al carattere si distinguono in Piano di Zona, Piani integrati sociosanitari, Piani sociali regionali, Linee guida o di indirizzo.
Le principali criticità messe in luce dall’analisi dei Piani sono “una cultura del ‘Piano’ molto approssimativa”, con lo “scopo di dimostrare che la Regione si prende cura degli anziani, ma nel merito abbastanza privi di sostanza”; una scarsa conoscenza del “profilo sociosanitario della popolazione a cui si dovrebbe fornire risposte e servizi”; una “pesante frammentazione istituzionale centrale e periferica”. La varietà dei modelli organizzativi e l’eterogeneità delle forme di gestione costituiscono “una delle cause che non favorisce l’integrazione”. Si registra un “forte squilibrio tra strutture sanitarie e sociali. L’integrazione è affidata alla buona volontà degli operatori”. Ancora, “nella prevenzione prevale un approccio prestazionale” e “il Distretto sociosanitario”, che “dovrebbe essere il riferimento territoriale dell’integrazione sociosanitaria, nella realtà è una struttura poco visibile, ambigua e indeterminata”. L’Assistenza domiciliare (Adi e Sad) è fortemente insufficiente e inadeguata: “È in questo ambito che si vede la babele dell’assistenza nel nostro Paese, per la grande difformità nei modelli organizzativi. I casi trattati in Adi (assistenza domiciliare integrata) sono il 6,2% over 65 e l’assistenza Adi significa 17 ore anno per caso trattato. La Sad (servizio di assistenza domiciliare) è gestito dai Comuni, un servizio in progressiva regressione. A godere dei servizi di assistenza gestiti dai comuni sono percentuali minime della popolazione di riferimento e nel caso del servizio con assistenza sanitaria è solo il 41,3% dei comuni a garantirlo”. Infine, le Rsa sono da riformare radicalmente e la semiresidenzialità del tutto assente in molte realtà.

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