Anziani non autosufficienti: Auser, “potenziare l’Adi e introdurre il geriatra di famiglia”

L’Auser, nella ricerca “Anziani non autosufficienti e integrazione sociosanitaria nei Piani regionali” presentata oggi a Roma, propone una serie di misure sui cui intervenire da subito per fare in modo che l’assistenza agli anziani non autosufficienti sia all’altezza dei loro bisogni e aspettative. In primo luogo “occorre riaffermare l’omogeneità di indirizzo politico nazionale, ripristinando la funzione di indirizzo del Piano nazionale tanto in rapporto all’impostazione dei Piani regionali, quanto in relazione ai loro contenuti, recuperando quindi una cultura della programmazione nazionale. Occorre mettere ordine nell’architettura istituzionale. Non è più sostenibile un sistema sanitario che si dice nazionale ma che si differenzia in 21 realtà regionali e all’interno di ognuna di esse. Questo genera inefficienze ed è causa di discriminazioni. Occorre dare forza alla regia unitaria del sistema sociosanitario”.
Altre proposte sono “valutare l’utilità di un soggetto istituzionale nazionale per la Long Term Care, la cura a lungo termine”; “fare chiarezza nella programmazione pluriennale delle risorse semplificando i flussi di finanziamento”; “riformare i criteri di assegnazione e utilizzo dell’indennità di accompagnamento”; “sciogliere rapidamente il nodo dei Livelli essenziali delle prestazione sociali (Lep) e integrarli con i Livelli essenziali di assistenza (Lea)”; “rafforzare, unificare e integrare i presidi territoriali sociosanitari dando loro maggiore visibilità”; “favorire l’accesso ai servizi sociosanitari ad esempio con la presentazione e l’acquisizione di referti, prescrizioni e ricette in remoto”; “unificare i percorsi di accesso incentrati su valutazione multidimensionale, unità di valutazione multidisciplinare, piano di assistenza individuale”.
Un punto importante è “potenziare l’assistenza domiciliari (Adi e Sad). Obiettivo fondamentale dei sistemi di cura della cronicità deve essere quello di mantenere la persona malata il più a lungo possibile nella sua casa senza far ricadere sulla famiglia tutto il peso dell’assistenza. Tre misure non sono più rinviabili: il riconoscimento dei diritti dei caregiver familiari, la qualificazione professionale del lavoro delle badanti e l’emersione dal lavoro nero, il riconoscere alle famiglie un sostegno economico similare al sostegno alle rette per i residenti nelle Rsa”.
Occorre “riformare la residenzialità e sviluppare i centri diurni per i pazienti con demenza”, concependo “le Rsa come ‘centri servizi’ capaci di offrire assistenza a domicilio e servizi supplettivi”. Ancora “introdurre la figura del geriatra di famiglia” visto che “gli over 65 sono oltre 13milioni e i geriatri solo 4.249” e “sviluppare la figura dell’infermiere di famiglia cui spetterebbe il servizio di consulenza e supporto alle famiglie e la gestione di collegamento, integrazione e ascolto tra il medico di medicina generale , il geriatra, tra i servizi sanitari e socio assistenziali i malati cronici e le loro famiglie”. Infine, “rafforzare la presenza degli assistenti sociali nei distretti sociosanitari”.

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