Pena di morte: Acat Italia, “donne vittime invisibili nel braccio della morte”

Il 10 ottobre si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro la pena di morte. Sono ancora 56 i paesi che conservano la pena capitale nel loro ordinamento penale e 109 quelli che l’hanno abolita per qualsiasi crimine. La Coalizione mondiale contro la pena di morte (di cui Acat Italia fa parte) pone al centro della giornata un focus particolare. Per il 2021 l’attenzione è posta sulle “donne che si trovano nel braccio della morte, 800 in tutto il mondo” secondo le stime del Cornell Center on the Death Penalty Worldwide.
“Spesso vittime di pregiudizio e discriminazione legati al genere, all’orientamento sessuale, all’appartenenza etnica o religiosa, le donne vedono vanificato il loro diritto alla difesa e alle circostanze attenuanti e più facilmente vengono etichettate attraverso stereotipi di vario genere: ‘pessime madri’, ‘streghe’, ‘femmes fatales’”, la denuncia di Acat Italia, in una nota
“Il pregiudizio di genere – si legge nel materiale informativo diffuso dalla Coalizione mondiale – è pervasivo nel sistema giudiziario e si manifesta sia nel corso delle indagini, da parte delle forze di polizia, sia durante il processo, dove le donne, economicamente svantaggiate e prive di istruzione, non sempre hanno accesso a un procedimento equo e soprattutto non riescono a far valere quanto la loro condizione di partenza (l’essere donna in contesti sessisti) abbia influenzato il comportamento criminale. Inoltre, in molti Paesi, le donne sono spesso assenti o significativamente sotto-rappresentate nell’ambito del sistema giudiziario… Come suggerisce il rapporto Judged for More than her crime del Cornell Center on the Death Penalty Worldwide, ‘l’assenza delle donne in ruoli decisionali durante i procedimenti penali può essere un altro fattore che contribuisce all’incapacità del sistema giudiziario di tenere conto dell’esperienza femminile'”.
Emblematico a questo proposito il caso di Merry Utami, una donna indonesiana condannata a morte nel 2002 per traffico di stupefacenti, per lunghi anni vittima di violenza domestica da parte del marito e successivamente dei narcotrafficanti. A lei è dedicato l’appello che abbiamo lanciato assieme alle Acat europee per il mese di ottobre.

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