Coronavirus Covid-19: mons. Sanguineti (Pavia), in fase 2 “cinque piaghe sociali” da “riconoscere e curare” affinché “nessuno sia dimenticato”

Cinque “piaghe” che “segnano il nostro corpo sociale” e che occorre “riconoscere e curare”, facendo tesoro dell’esperienza vissuta con il Covid-19, “per costruire una casa comune veramente ospitale, dove nessuno sia dimenticato”. Ad analizzarle è il vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti, nell’editoriale pubblicato sul settimanale diocesano “Il Ticino”. Prendendo lo spunto dalla festa delle Sante Spine di Cristo, il presule evidenzia anzitutto la “grave ‘dimenticanza’ nei decreti governativi delle scuole paritarie”, un “triste segnale che speriamo possa trovare soluzione” nel “rispetto di una reale libertà di scelta da parte delle famiglie”. Quindi “la piaga dei lavori precari o in nero. Il provvedimento della regolarizzazione di alcune fasce di questi lavoratori”, osserva, “è un segno positivo in questa direzione, ma c’è molto da fare e da cambiare”.
“Nulla può sostituire le lezioni in classe”, avverte Sanguineti che, senza negare l’utilità di piattaforme digitali per la didattica, invita a “trovare soluzioni, sul territorio, che permettano a settembre di riprendere in sicurezza le lezioni”, ma “sarebbe auspicabile che almeno per i bambini dell’infanzia e del nido, si potesse prospettare una parziale ripresa d’attività nella prima parte dei mesi estivi”. Una quarta piaga è “la scarsità di risorse che l’Italia dedica al mondo della ricerca e dell’Università. Ora un Paese che ha a cuore il bene e il futuro dei suoi cittadini, dei suoi giovani deve investire di più nella ricerca, in ogni campo di studio, e anche qui si possono creare buone alleanze tra il pubblico e il privato, tra lo Stato e le Regioni e i Comuni”.
Infine le “debolezze del sistema sanitario e socio-sanitario” che “chiede un radicale ripensamento”. Per mons. Sanguineti occorre spendere “più risorse per assicurare una sanità efficiente e attenta ai bisogni del territorio e delle persone, occorre potenziare il primo livello di assistenza rappresentato dai medici di famiglia”; è doveroso “verificare e migliorare le forme di collaborazione e di convenzione tra ente pubblico e strutture private, assicurando una dovuta vigilanza per evitare sprechi o irregolarità”.

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