Coronavirus Covid-19: mons. Pizzaballa a rivista Terrasanta, “Chiesa Gerusalemme diventi autosufficiente. Decidere cosa è essenziale”

“Non possiamo dipendere esclusivamente dall’aiuto esterno. Sostenere economicamente la Chiesa di Gerusalemme è un elemento costitutivo della nostra identità, della nostra storia e della tradizione della Chiesa universale. Ma la Chiesa di Gerusalemme deve prevedere di organizzarsi in maniera da diventare il più possibile autosufficiente. È un cambiamento di mentalità molto importante”. Ad affermarlo è mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme in una intervista pubblicata sul numero in uscita (maggio-giugno) della rivista bimestrale Terrasanta – testata della Fondazione “Terrasanta” – in cui affronta diversi argomenti, tra cui, il morale della comunità cristiana locale, l’assenza totale dei pellegrini, le conseguenze sull’economia della Chiesa locale, le possibilità di un rinnovamento dopo la tempesta Covid-19. “Durante la crisi si avviano molti interventi d’urgenza. Ci saranno degli appelli all’esterno, ma penso che dobbiamo iniziare a lanciare appelli all’interno della comunità. Dobbiamo imparare ad aiutarci gli uni gli altri. Ci sono già alcune parrocchie del nord che aiutano parrocchie del sud. Il processo verso l’impegno – ammette l’arcivescovo – sarà molto doloroso per certi aspetti. Ma noi dobbiamo tendere verso questo autofinanziamento. Significa che dovremo fare un discernimento assai complesso per decidere che cosa è essenziale. Dobbiamo guardare a 360° per capire che cosa dobbiamo fare. Ci sono attività che muoiono o evolvono. Una cosa è certa, la decisione non dipende da me, ma dobbiamo interrogare le nostre istituzioni”. Alla domanda se dalla situazione creata anche dalla pandemia possa derivare per la Chiesa di Gerusalemme una sorta di rinnovamento, mons. Pizzaballa risponde convinto: “alcuni cambiamenti sono in corso. Sta già emergendo una nuova generazione di cristiani. Che lo si voglia o meno, la Chiesa cambierà. La nuova generazione ha nuove aspettative dalla Chiesa e la Chiesa è la comunità. La comunità sarà diversa, sia nei suoi numeri sia nelle sue attese. I cambiamenti avvengono di necessità. Spetta ai pastori accompagnare questi cambiamenti, così come aiutare i fedeli a vivere la situazione attuale senza frustrazione”. La situazione difficile in cui molti cristiani si troveranno, a causa della pandemia, li spingerà ad emigrare complice anche, riconosce il presule, “un sentimento indebolito di appartenenza e una certa crisi di identità. Abbiamo l’occasione, nelle difficoltà attuali, di aiutare i nostri fedeli a rafforzarle perché ci sia un radicamento più profondo”. Mons. Pizzaballa nota “in questa crisi del Covid-19 che le persone hanno bisogno di cuore, di presenza. Abbiamo sospeso le nostre attività e ho dato degli orientamenti per cambiare e pregare in famiglia. Vedo questi due elementi, la comunità e la famiglia. La prima manca e la seconda si ricostituisce. Qui esiste un legame forte con la famiglia, ma non sempre molto sano. Tuttavia, rimarca l’amministratore apostolico, le attività delle nostre comunità funzionano se la vita all’interno delle famiglie scorre, e viceversa. Dobbiamo lavorare su questo aspetto: dobbiamo aiutare le famiglie a pregare insieme e vediamo che, dopo l’inizio della crisi, questo è iniziato e cambia la vita delle famiglie. Ne ho degli echi. D’altra parte, quello che è essenziale alle nostre comunità non sono le nostre attività, ma l’eucaristia, i sacramenti, la preghiera comunitaria. Questa crisi porta alla mia attenzione ciò che essenziale. Vorrei dire questo ai fedeli. Certo, non possiamo cambiare ciò che avviene – anche se dobbiamo fare tutto il possibile per dare un aiuto – ma possiamo cambiare il modo di viverlo, possiamo aiutarci gli uni gli altri, sostenerci, pregare. La nostra vita non è solo biologica, lo tocchiamo con mano: ci manca la comunità, e la preghiera in famiglia può aiutarci a vivere quello che deve essere”.

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