Via Crucis: dodicesima stazione, “non posso inchiodare un uomo alla sua condanna”

foto SIR/Marco Calvarese

“Come magistrato di sorveglianza, non posso inchiodare un uomo, qualsiasi uomo, alla sua condanna: vorrebbe dire condannarlo una seconda volta”. Ne è convinto il protagonista della dodicesima stazione della Via Crucis, presieduta sul sagrato della basilica di San Pietro. “È necessario che l’uomo espii il male che ha commesso”, puntualizza: “Non farlo significherebbe banalizzare i suoi reati, giustificare le azioni intollerabili da lui compiute che hanno arrecato ad altri sofferenza fisica e morale”. Una vera giustizia, però, “è possibile solo attraverso la misericordia che non inchioda per sempre l’uomo in croce: si offre come guida nell’aiutarlo a rialzarsi, insegnandogli a cogliere quel bene che, nonostante il male compiuto, non si spegne mai completamente nel suo cuore. Solo ritrovando la sua umanità, la persona condannata potrà riconoscerla nell’altro, nella vittima a cui ha provocato dolore”.

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