Celebrazione della Passione del Signore: p. Cantalamessa, “diciamo basta alla tragica corsa verso gli armamenti”

“Quando mai, a nostra memoria, gli uomini di tutte le nazioni si sono sentiti così uniti, così uguali, così poco litigiosi, come in questo momento di dolore?”. A chiederselo è stato padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, che nell’omelia della celebrazione della Passione del Signore, presieduta dal Papa nella basilica di San Pietro, ha definito il “sentimento di solidarietà” come un “frutto positivo della presente crisi sanitaria”. “Ci siamo dimenticati dei muri da costruire”, la tesi del religioso: “Il virus non conosce frontiere. In un attimo ha abbattuto tutte le barriere e le distinzioni: di razza, di religione, di ricchezza, di potere”. “Non dobbiamo tornare indietro, quando sarà passato questo momento”, il monito: “Come ci ha esortato il Santo Padre, non dobbiamo sciupare questa occasione. Non facciamo che tanto dolore, tanti morti, tanto eroico impegno da parte degli operatori sanitari sia stato invano. È questa la ‘recessione’ che dobbiamo temere di più”. “Diciamo basta alla tragica corsa verso gli armamenti”, l’appello: “Gridatelo con tutta la forza, voi giovani, perché è soprattutto il vostro destino che si gioca. Destiniamo le sconfinate risorse impiegate per gli armamenti agli scopi di cui, in queste situazioni, vediamo l’urgenza: la salute, l’igiene, l’alimentazione, la lotta contro la povertà, la cura del creato. Lasciamo alla generazione che verrà un mondo, se necessario, più povero di cose e di denaro, ma più ricco di umanità”. “La parola di Dio ci dice qual è la prima cosa che dobbiamo fare in momenti come questi: gridare a Dio”, ha spiegato Cantalamessa, secondo il quale anche noi, come il popolo d’Israele nel deserto, “in questo momento siamo morsi da un invisibile ‘serpente’ velenoso. Guardiamo a colui che è stato ‘innalzato’ per noi sulla croce. Adoriamolo per noi e per tutto il genere umano. Chi lo guarda con fede non muore. E se muore, sarà per entrare in una vita eterna. “Dopo tre giorni risorgerò”, aveva predetto Gesù. Anche noi, dopo questi giorni che speriamo brevi, risorgeremo e usciremo dai sepolcri che sono ora le nostre case. Non per tornare alla vita di prima come Lazzaro, ma per una vita nuova, come Gesù. Una vita più fraterna, più umana. Più cristiana!”.

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