Quaresima: card. Cantalamessa, “l’evangelizzazione non comincia con la morale, ma con il Vangelo”

“Ogni iniziativa di evangelizzazione che cominciasse dal riformare i costumi della società senza cercare di  cambiare il cuore delle persone è votata a finire nel nulla, o peggio, in politica”. Lo ha detto il card. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, che ha tenuto in Aula Paolo VI –  alla presenza del Papa – la seconda predica di Quaresima per i cardinali e i membri della Curia Romana.  “L’evangelizzazione non comincia con la morale, ma con l’annuncio, con il Vangelo”, ha spiegato il cardinale soffermandosi sul primo ad aver introdotto questa parola, San Paolo, nella Lettera ai Romani. “Non sono gli uomini che improvvisamente si sono messi a fare il bene”, dopo il peccato derivante dal rifiuto di Dio: “Nella pienezza dei tempi Dio ha agito, ha rotto il silenzio, ha teso per primo la sua mano all’uomo. Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma giustificati per la sua grazia in virtù della redenzione operata da Cristo Gesù”.
Il cristianesimo, in altre parole, “non è una dottrina, ma un evento”: per San Paolo, “non siamo stai genericamente salvati per la grazia, ma dalla grazia di Gesù Cristo”. “Siamo giustificati non semplicemente per la fede, ma per la fede in Cristo. Tutto è cambiato in virtù della redenzione operata da Gesù. La situazione disperata dell’umanità – ha spiegato Cantalamessa sulla scorta di San Paolo – è radicalmente cambiata a causa di quello che era avvenuto pochi anni prima, in un’oscura parte dell’impero romano, ad opera di un singolo uomo, per di più morto sulla croce”. A una Chiesa “che pur ferita e compromessa agli occhi mondo vuole riprendere l’evangelizzazione”, il messaggio della Lettera ai Romani suggerisce che “bisogna rimanere nella persona di Cristo, palare di lui, non dare mai per esaurito o presupposto il discorso su di lui: Gesù non deve stare sullo sfondo, ma al centro di ogni annuncio. Il mondo laico fa di tutto per tenere lontano o taciuto il suo nome, noi dobbiamo fare di tutto per tenerlo sempre presente”. Ciò che è importante, come si legge all’inizio dell’Evangelii gaudium, è “l’invito ad ogni cristiano, in qualsiasi luogo o situazione si trovi, a rinnovare il suo incontro personale con Cristo”. “È la prima volta che in un documento ufficiale del magistero compare l’espressione ‘incontro personale con Cristo’”, ha fatto notare il predicatore della Casa pontificia: “Questo modo di concepire la fede ci sembra l’unico possibile, da quando la fede non è più un fatto scontato, ma il frutto di una decisione personale. Il successo di una missione non si può misurare dal numero confessioni ascoltate o dalle comunioni distribuite, ma quante persone sono passate da cristiani nominali a cristiani reali, cioè convinti dalla loro fede”.

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