R. D. Congo: Mpaliza (attivista per i diritti umani), “le ricchezze del Paese sono diventate una maledizione”. Mwendike (Lucha), “la guerra perde sempre”

“Il Congo è ricco da morire ma i congolesi stanno morendo per le loro ricchezze. Non c’è un Paese più benedetto del Congo ma sembra che queste ricchezze siano diventate una maledizione”: lo ha detto oggi a Roma John Mpaliza, attivista per i diritti umani durante una conferenza stampa organizzata da 107 organizzazioni della società civile in vista della visita apostolica di Papa Francesco nella R. D. Congo e in Sud Sudan dal 31 dicembre al 5 febbraio. Mpaliza ha ricordato che la R. D. Congo “è una cassaforte di coltan, cobalto, rame, legno e altre risorse. Potrebbe essere un paradiso terrestre ma per la popolazione è un inferno”. Chiede perciò “la smobilitazione e la smilitarizzazione del Kiku” ma soprattutto di accertare le responsabilità: “Il silenzio e l’embargo di notizie su questo conflitto sono la conseguenza diretta dell’ipocrisia e della responsabilità della comunità internazionale nell’accaparramento iniquo delle risorse minerarie del Kivu. Questo silenzio conviene a tutti coloro che hanno interesse in Congo: Usa, Europa, Cina, vicini come il Ruanda e Uganda come hanno dimostrato vari rapporti di esperti delle Nazioni Unite. Manca la volontà internazionale di creare strumenti globali per lottare contro i minerali insanguinati che provengono da aree di conflitto”. A questo proposito chiede perciò la revisione, “integrando il cobalto”, del Regolamento Ue 2017/821 entrato in vigore il 1° gennaio 2021 sulla tracciabilità dei minerali e di applicare il Rapporto Mapping delle Nazioni Unite che ha suggerito una road map per uscire dal conflitto. “Il Papa non potrà andare a Goma, nel Nord Kivu, perché lì è un inferno – ha ricordato –. Speriamo che la visibilità che avrà la R.D. Congo durante la visita del Papa non si risolva con i tre giorni della visita a Kinshasa”. Micheline Mwendike Kamate, scrittrice e attivista del movimento congolese “Lucha”, nata e cresciuta durante il conflitto, ha invece ribadito: “La guerra perde sempre. Io ho scelto la non violenza perché, dopo tanti anni, ci si rende conto che la guerra consuma tutte le rivendicazioni iniziali e rimane solo tanta sofferenza, da tutte le parti”.

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