Ucraina: diocesi Nocera-Sarno, i 122 profughi accolti dalla Caritas ospitati in nove strutture. Il vescovo Giudice, “dobbiamo integrare bene le persone”

(Foto: diocesi di Nocera Inferiore-Sarno)

“Facciamo tutto questo come Chiesa. Il Maestro ci ha detto: ‘Ero straniero e mi avete accolto’. L’accoglienza in questo momento è per questo popolo ucraino. Un popolo fiero, già conosciuto in questa zona perché tanti hanno lavorato qui”. Lo ha affermato il vescovo di Nocera Inferiore-Sarno, mons. Giuseppe Giudice, che ieri ha incontrato i profughi accolti nel Palazzo vescovile di Episcopio di Sarno. Accompagnato dal direttore della Caritas diocesana, don Enzo Di Nardi, dal parroco della concattedrale, mons. Antonio Calabrese, e dal responsabile dell’Anspi, Antonio Lombardo, il presule ha incontrato le 20 persone arrivate domenica notte. In totale sono 122 i rifugiati accolti per ora dalla Caritas diocesana, ospitati in nove strutture. Si tratta di sei parrocchie – Gesù Risorto a Pagani, San Michele Arcangelo a Nocera Superiore, Maria Santissima di Costantinopoli a Nocera Superiore, San Giovanni Battista a Roccapiemonte, Santa Maria delle Grazie ad Angri, San Francesco d’Assisi di Sarno –, del convento di San Francesco ad Angri, del Palazzo vescovile di Sarno e di Casa Betania a Roccapiemonte. “Abbiamo preferito un’accoglienza diffusa, in più punti della diocesi, per evitare di creare ghetti dove far arrivare i rifugiati. Lo abbiamo potuto fare grazie alla disponibilità delle parrocchie, delle famiglie e di alcune strutture diocesane”, ha sottolineato mons. Giudice. Tra le persone accolte ce ne sono anche alcune disabili. Sono state sistemate quasi tutte nei locali della parrocchia di San Francesco d’Assisi di Sarno, che in totale ospita 30 profughi. Alcuni, invece, si trovano già in alcune famiglie e altri arriveranno nei prossimi giorni.
“Certamente qualche volta la Chiesa deve essere anche supplente – ha osservato il vescovo – perché di fronte a questi episodi c’è tanta emotività. Ci chiediamo: ‘ma poi chi rimane?’ Chi davvero ci crede. L’accoglienza – ha ribadito – deve essere attenta, intelligente, anche prudente. Dobbiamo integrare bene le persone aiutandole per un periodo perché l’idea loro è di ritornare nella loro terra”. “Il bene va fatto bene, altrimenti il bene non fa bene – ha ricordato mons. Giudice –. L’accoglienza è fatta col cuore attraverso la Caritas, i tanti sacerdoti, le famiglie e gli operatori. Bisogna vivere questo tempo con grande disponibilità”. Non è mancata anche una parola di condanna del conflitto: “La guerra è una pazzia. La parola guerra non dovrebbe esserci più nel nostro vocabolario. È una tragedia per l’Europa”.

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