Perù: manifestazioni contro la scarcerazione di Alberto Fujimori. Università Cattolica: “Sentenza contraddice indicazioni della Corte interamericana per i diritti umani”

Suscita polemiche e manifestazioni in tutto il Paese, guidate dalle associazioni delle vittime e dagli organismi per i diritti umani la decisione dal Tribunale Costituzionale del Perù di scarcerare il dittatore Alberto Fujimori, presidente del Paese sudamericano dal 1990 al 2000, riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità e condannato per questo a una pena di 25 anni.
Fujimori, ora ottantatreenne e malato, aveva goduto di un procedimento di indulto nel 2017 dall’allora presidente Pedro Pablo Kuczynski, che aveva “barattato” il provvedimento ottenendo dalla figlia del dittatore Keiko Fujimori, leader dell’opposizione, un voto contrario alla richiesta di impeachment. Tale provvedimento era stato annullato nel 2019 da una sentenza giudiziaria, che oggi è stata ribaltata dalla Suprema corte, con un verdetto controverso. La votazione è stata di tre voti contro, tre, e decisivo è stato il pronunciamento del presidente, Augusto Ferrero.
Il Governo del presidente Pedro Castillo, ha preso le distanze (senza troppa enfasi, secondo alcune voci critiche) dalla decisione del Tribunale Costituzionale. “La crisi istituzionale si riflette sulla decisione”, ha detto Castillo. Il viceministro della Giustizia, Juan Carrasco, ha dichiarato che l’Esecutivo sta valutando di rivolgersi a canali internazionali come la Corte interamericana dei diritti umani per revocare la sentenza che libera l’ex presidente.
Molti forti, come accennato, le reazioni della società civile. L’Istituto per la democrazia e i diritti umani della Pontificia Università Cattolica del Perù (Idehpucp) scrive attraverso il proprio profilo Twitter: “Lo Stato peruviano ha l’obbligo internazionale di indagare, perseguire e punire i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. La Corte interamericana dei diritti umani ha indicato che la concessione della grazia umanitaria in questi casi presuppone una lesione del diritto di accesso alla giustizia delle vittime”. La sentenza di ieri “contraddice apertamente questi standard”. Amnesty International “è solidale con le vittime e le loro famiglie nella loro ricerca di giustizia e riparazione”. Preoccupazione viene espressa anche da Tamara Taraciuk, direttrice ad interim per le Americhe di Human Rights Watch: “Fujimori è stato condannato per gravissime violazioni dei diritti umani. La grazia che gli è stata concessa nel 2017 è stata una farsa senza alcuna giustificazione. Riattivarla è una presa in giro per le vittime”.

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