Eurobarometro: “per gli italiani la sfida principale è la disoccupazione”. La Conferenza sul futuro ha poco seguito

(Bruxelles) Secondo gli italiani, i principali punti di forza dell’Ue sono il suo potere economico, industriale e commerciale e al secondo posto il rispetto dell’Ue per la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto, mentre al terzo vengono i buoni rapporti e la solidarietà tra gli Stati membri. Questo emerge dal sondaggio Eurobarometro, diffuso oggi da Parlamento europeo e Commissione Ue, che ha coinvolto in Italia 1.027 persone, intervistate tra settembre e ottobre dello scorso anno. A stragrande maggioranza, gli italiani pensano che la principale sfida per la vita dell’Ue sia la disoccupazione, seguita dalla crescita economica insufficiente e dai flussi migratori; le sfide ambientali sono al quarto posto rispetto alla dimensione europea, ma diventano la prima preoccupazione nel contesto globale, insieme ai rischi correlati alla salute. Occorre rilevare come i risultati del sondaggio nel campione italiano differiscono per certi aspetti da quelli del campione europeo.
Sono 47 italiani su 100 a credere che per l’Italia essere parte dell’Ue sia un bene, percentuale salita di 8 punti rispetto all’Eurobarometro precedente; per il 38% è indifferente; per il 14% un male (ma solo il 7% è contrario all’idea dell’Ue in generale). È ancora il 47% che vorrebbe l’Ue ma con un diverso funzionamento; per il 19% la differenza dovrebbe essere radicale perché fosse accettabile. Rispetto alla possibilità di far sentire la propria voce da chi in Europa decide, gli intervistati hanno segnalato tre strade principali: la votazione alle elezioni europee (e in generale il voto), scioperare e sottoscrivere petizioni.
Una stragrande maggioranza è convinta che ci sia lavoro da fare per rafforzare e proteggere la democrazia nell’Ue e che si dovrebbe ascoltare maggiormente la voce dei cittadini nei processi decisionali europei. I cittadini sarebbero incoraggiati a partecipare alla Conferenza sul futuro dell’Europa se sapessero che la propria partecipazione avrebbe ricadute reali (51%), se fosse rappresentata tutta la società e si potesse parlare direttamente con i rappresentanti politici (32%). Al 7% non interessa affatto. Supera comunque del 50% la fetta degli intervistati che, a prescindere dai metodi di partecipazione, non è interessato a contribuire alla Conferenza sul futuro.
Ma guardando al futuro dell’Ue, il 32% degli intervistati valuta necessaria una politica sanitaria comune, seguita da una più profonda integrazione economica e una più forte capacità industriale. Alla domanda se si preferisce per il 2030 una società che dà più importanza all’ordine o alle libertà individuali, il 49% delle preferenze italiane va per l’ordine, il 46% per le libertà.

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