Papa in Grecia: Intersos al Papa, “Europa riformi nuovi centri di accoglienza e identificazione”

“La visita del Papa a Lesbo ricorderà al mondo che ci sono bambini, donne e uomini chiusi nei campi senza dignità e sicurezza”. Lo dice Apostolos Veizis, direttore di Intersos in Grecia, alla vigilia dell’arrivo sull’isola greca di Papa Francesco. “In questi giorni le autorità hanno lavorato per il suo arrivo e si sono visti diversi cambiamenti, vorremmo che venisse più spesso così da non vedere i più i campi”, aggiunge. Nel campo cosiddetto Moria 2.0 vivono attualmente 2119 persone su un totale sull’isola di Lesbo di 2340 abitanti. Questo insediamento è stato allestito dopo l’incendio del grande campo di Moria il 9 settembre dello scorso anno. Da allora l’organizzazione umanitaria Intersos ha avviato progetti sulla salute mentale e assistenza psicosociale per le donne sole o con figli, spesso sopravvissute a violenze o in stato di forte malessere fisico-mentale risultato dei mesi o anni di permanenza nei campi, in condizioni di vita non dignitose, e in costante attesa di un ricollocamento. Ci sono donne sopravvissute a violenze domestiche, abusi sessuali, matrimoni precoci nei paesi di origine o durante il viaggio verso l’Europa, ma molte raccontano anche al nostro team di aver subito abusi nel campo a Lesbo. “L’Europa deve porre fine alle politiche di respingimento, contenimento e carceri e deve mostrare solidarietà alle persone in cerca di asilo. Non stiamo affrontando una crisi dei rifugiati ma stiamo affrontando una crisi fatta di politiche e mancanza di volontà politica” afferma Veizis. Intersos, insieme ad altre organizzazioni presenti in Grecia ha inviato una lettera al Papa, in cui a proposito dei nuovi Centro di Accoglienza e Identificazione “chiusi e controllati” si legge:  “Crediamo che la permanenza di questi esseri umani per molti mesi in luoghi di isolamento, lontano dalle città e dalla popolazione locale, li privi dei diritti fondamentali, non aiuti la loro integrazione e spesso crei loro problemi vitali, esistenziali e mentali. Riteniamo che questi nuovi centri, finanziati esclusivamente dall’Unione Europea, debbano essere completamente riformati e che cambi la filosofia che li ispira, al fine di garantire il rapporto vivo dei richiedenti asilo con le comunità locali e la loro normale integrazione in esse. Allo stesso tempo, occorre compiere ogni possibile sforzo per assicurarsi che i richiedenti asilo non perdano i loro diritti fondamentali, come l’accesso alla salute e all’istruzione. E, soprattutto, non perdano la loro libertà e dignità”.

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