Papa a Cipro: preghiera ecumenica con migranti, “Dio ci parla attraverso i vostri sogni. Il pericolo è che tante volte, non lasciamo entrare i sogni in noi”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Dio ci parla attraverso i vostri sogni. Il pericolo è che tante volte, non lasciamo entrare i sogni in noi e preferiamo dormire e non sognare. È tanto facile guardare dall’altra parte. In questo mondo ci siamo abituati a quella cultura dell’indifferenza, quella cultura di guardare dall’altra parte e addormentarci tranquilli. Ma per quella strada mai si può sognare. È duro. Dio parla attraverso i vostri sogni, non parla attraverso le persone che non possono sognare niente perché hanno tutto o perché il loro cuore si è indurito”. Lo ha detto Papa Francesco, questo pomeriggio, alla preghiera ecumenica con i migranti che si è svolta nella chiesa di Santa Croce di Nicosia. Il Papa ha preso la parola dopo aver ascoltato le testimonianze di un membro della Caritas di Cipro e di quattro giovani migranti. “Dio ci parla attraverso i vostri sogni. Chiama anche noi a non rassegnarci a un mondo diviso, a comunità cristiane divise, ma a camminare nella storia attratti dal sogno di Dio e cioè di un’umanità senza muri di separazione, liberata dall’inimicizia, senza più stranieri ma solo concittadini. Diversi, certo, e fieri delle nostre peculiarità, che sono dono di Dio, ma concittadini riconciliati”. Nel suo discorso il Papa ha ripercorso le storie raccontate dai quattro migranti. A Mariamie, che viene dalla Repubblica democratica del Congo e si è definita “piena di sogni”, ha detto: “Come te, Dio sogna un mondo di pace, in cui i suoi figli vivono come fratelli e sorelle”. A Thamara, che viene dallo Sri Lanka, ha ricordato di nuovo che i migranti non sono “numeri” né “individui da catalogare” ma “fratelli”, “amici”, “credenti”, “prossimi” gli uni degli altri”. “Ma quando gli interessi di gruppo o gli interessi politici, anche delle Nazioni” – ha aggiunto lasciando il testo e andando a braccio – prendono il sopravvento, si rimane “senza volerlo, schiavi, perché l’interessa sempre schiavizza sempre, crea schiavi. L’amore che è contrario dell’odio, ci fa liberi”. Maccolins, del Camerun, ha raccontato di essere stato nella vita “ferito dall’odio”. A lui, il Papa ha confidato: “Ci ricordi che l’odio ha inquinato anche le nostre relazioni tra cristiani. E questo, come hai detto tu, lascia il segno, un segno profondo, che dura a lungo. È un veleno da cui è difficile disintossicarsi. È una mentalità distorta, che invece di farci riconoscere fratelli, ci fa vedere come avversari, come rivali”. E infine Rozh, iracheno che si è presentato al Papa come “una persona in viaggio”: “Ci ricordi che anche noi siamo comunità in viaggio, siamo in cammino dal conflitto alla comunione”, gli ha detto Francesco. “Su questa strada, che è lunga ed è fatta di salite e discese, non devono farci paura le differenze tra noi, ma piuttosto le nostre chiusure e i nostri pregiudizi, che ci impediscono di incontrarci veramente e di camminare insieme”. Francesco ha concluso il suo discorso chiedendo a tutti i presenti di vincere “chiusure e pregiudizi” e abbattere “tra noi quel muro di separazione” che è “l’inimicizia”. Concluso l’ultimo appuntamento prima di ripartire per Atene, seconda tappa del viaggio apostolico, il Papa lascia Cipro con un augurio: “Possa quest’isola, segnata da una dolorosa divisione, diventare con la grazia di Dio laboratorio di fraternità”.

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