Cinema: presentato a Roma “Tori e Lokita” dei fratelli Dardenne. I registi, “non raccontiamo il gruppo sociale dei migranti ma le persone”

(Foto SIR)

“Sono individui. Individui che domandano una sola cosa: documenti per vivere”. Così sottolineano in conferenza stampa i registi belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, presentando il loro ultimo lavoro “Tori e Lokita”, in Concorso a Cannes 2022 e vincitore del premio per il 75° anniversario del Festival. Il film uscirà nei cinema italiani con Lucky Red dal 24 novembre. I Dardenne sono in Italia non solo per l’incontro con la stampa a Roma, ma anche per partecipare in qualità di ospiti d’onore al 63° Festival dei Popoli, che dedica loro una retrospettiva.
“Tori e Lokita” mette a tema la storia di due minori, un’adolescente quasi maggiorenne e un bambino dodicenne, migranti africani in un centro di accoglienza in Belgio. Un’amicizia solidale tra due ultimi, chiamati a scontrarsi con indifferenza e crudeltà nella società, soprattutto con il buco nero della malavita. “Non raccontiamo il gruppo sociale dei migranti – spiega Jean-Pierre Dardenne – ma parliamo di persone. La nostra ossessione come autori è quella di dare vita a delle persone, non a dei personaggi. Una storia, quella di Tori e Lokita, che speriamo aiuti il pubblico a comprendere la condizione di chi sperimenta situazioni di disagio. Il dramma di molti minori, migranti, che scompaiono inspiegabilmente”.
Alla domanda se ci sia ancora posto per il loro cinema nello scenario attuale, un cinema di forte impegno civile capace di scandagliare le fratture della società, le sue zone d’ombra, Luc Dardenne replica: “Sì, il nostro cinema ha ancora spazio. È vero, in Europa ci sono persone che sono spaventate dal futuro, esposte alla paura e all’odio, ai problemi che affollano l’orizzonte, ma c’è anche molta gente sensibile alla condizione altrui, che vuole fare di più. C’è tanta gente che desidera una società più giusta”. E aggiunge: “Noi come registi riponiamo fiducia nel nostro lavoro, fiducia che il nostro cinema aiuti a fare la differenza”. Concludendo, i due autori rimarcano come “il cinema abbia il potere di farci rallentare, di fermarci a riflettere. Riflettere sulla condizione dell’individuo”. Su chi vive situazioni in affanno e smarrimento.

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