Danimarca: proposta di legge su obbligo di tradurre in danese omelie e sermoni. Jakobsen (vescovo luterano) critica il governo, “discutiamone”

“Esorto ad abbandonare questa proposta di legge, che ha già portato discredito alla Danimarca anche in altri Paesi”. Il vescovo luterano di Copenaghen, Peter Skov-Jakobsen, torna oggi sulla vicenda della legge che imporrà che tutti i sermoni, omelie e interventi nel contesto di una celebrazione religiosa siano tenuti in danese o resi accessibili con una traduzione nella lingua nazionale. Al momento la discussione della proposta in Parlamento è calendarizzata entro le vacanze estive. Il vescovo luterano però contesta che, a fronte di una critica sollevata da tutti i leader religiosi che “le traduzioni forzate minacciano la nostra libertà intellettuale, la tolleranza e la libertà religiosa”, nessun membro del governo voglia “discutere con chi è contrario a queste traduzioni forzate”, prima che il disegno di legge sia pubblicato. “Perché non possiamo discuterne ora? Non è nello stile danese parlare prima di presentare un disegno di legge così ingombrante in un ambito che riguarda tutte le denominazioni in Danimarca?”. E ancora: in una democrazia, non è proprio il confronto che garantisce “credibilità”? Se l’obiettivo della legge è intercettare i predicatori d’odio, contesta il vescovo, nelle chiese “i servizi di culto sono pubblici” e poiché il discorso d’odio viaggia principalmente online, il problema “può essere risolto solo dai servizi di intelligence della polizia”.
“Siamo un popolo che convive con il fatto che nel regno si parla danese, tedesco, faroese, groenlandese” continua il vescovo, e ora ci sono lavoratori stranieri, rifugiati, cittadini Ue… “Nella Danimarca del futuro, ci saranno molte identità con trattini: danese-tedesco, danese-afghano, danese-inglese, danese-turco e così via”. Lingue e culture diverse “aiuteranno a plasmare le nostre vite”, nonostante le tensioni che questo potrà comportare.

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