“Viviamo la Pasqua del Signore disponendo il nostro animo, il nostro cuore, la nostra mente ad accogliere i misteri che la liturgia ci offre in questi giorni e anche impegnandoci a vivere le esigenze della Chiesa oggi per rispondere al cambiamento d’epoca cui assistiamo”. Lo ha detto l’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, che ha incontrato i giornalisti e gli operatori della comunicazione per uno scambio di auguri. “Il primo pensiero voglio dedicarlo all’importanza del giubileo che stiamo vivendo. Per poter celebrare il Giubileo è necessario che crediamo che il Signore ci sta offrendo un momento di grazia. Non si tratta di celebrare dei momenti di aggregazione, di categorie, di gruppi ma viverlo spiritualmente”.
Poi l’impegno in un percorso di santità: “La santità non è un optional o solo per qualcuno. La santità è per tutti, già noi siamo santi, con il battesimo siamo santi, ma dobbiamo divenire santi. È come quando nasce un bambino: è già un uomo, ma deve diventare un uomo con il suo cammino. Per cui viviamo profondamente questo tempo di grazia”. Ricordando che “abbiamo celebrato diversi Giubilei e anche diversi precetti nelle fabbriche, il giubileo con il mondo della politica e anche qualche visita a scuola”, il presule ha sottolineato che “il servizio è quello in cui siamo impegnati a esprimere noi stessi o il ruolo che ci è stato affidato e deve diventare una forma alta di carità”. “Perché in tutto quello che noi facciamo dobbiamo pensare al bene degli altri, al benessere degli altri, alla cura dell’altro, alla cura del creato, alla costruzione dei rapporti sociali, civili, proprio per contribuire al bene di tutti. E dunque ogni professione diventa via ordinaria per la nostra santificazione”. L’arcivescovo di Siracusa ha invitato a vivere la fede: “La Pasqua è un dono, è la presenza del Risorto. Perché vivere la fede non è soltanto partecipare a dei momenti di incontro celebrativo, certamente ci vogliono anche quelli, ma la fede prima di tutto è scoperta profonda di Dio, è contatto con Lui, sentire che Dio abita la nostra vita. Se non riscopriamo questa realtà profonda della nostra fede c’è il rischio di ridurre la nostra fede e la vita della Chiesa a una dimensione soltanto sociale o umanitaria che ci vuole e ci deve essere, ma deve essere sostenuta e fondata nel mistero dell’amore di Cristo, che è dono, che è servizio”.