Messa crismale: mons. Seccia (Lecce), “la salvezza non è un ricordo del passato, né una speranza remota, è presenza, è ora, è qui, è per sempre”

“La salvezza non è un ricordo del passato, né una speranza remota, è presenza, è ora, è qui, è per sempre. Ogni volta che la Parola viene ascoltata con cuore disponibile, ogni volta che l’Eucaristia è celebrata con fede, ogni volta che la carità si fa concreta, l’oggi della salvezza entra nella nostra esistenza. È in questo ‘oggi’ che ci giochiamo la vita!”. Lo ha detto, ieri sera, mons. Michele Seccia, arcivescovo metropolita di Lecce, nell’omelia della messa crismale.
“Ogni cristiano, per mezzo dell’effusione dello Spirito Santo, è reso partecipe della vita divina, è consacrato come tempio vivo di Dio, abitato dalla Sua presenza. Questa verità interpella ciascuno di noi, senza eccezione – ha affermato il presule -. È una parola che riguarda ogni unzione: quella battesimale che ci ha resi figli nel Figlio; quella crismale che ci ha confermati nello Spirito; quella sacerdotale che ha configurato, noi ministri ordinati, al Buon Pastore. Tutti, nella misura della propria vocazione, sono stati unti, e quindi inviati”.
Mons. Seccia ha precisato: “Tutti missionari della speranza. Il Giubileo che stiamo vivendo ci invita ad essere ‘Pellegrini di Speranza’ ma la Parola di Dio oggi ci chiede di diventare anche ‘Missionari della Speranza’: ci manda ad annunciare la speranza ai poveri, di recare una carezza agli anziani e agli ammalati, di donare fiducia a chi è sull’orlo della disperazione, a rivelare – a chi ha sbagliato strada – che Dio è misericordia, è porta santa che apre al perdono. A restituire a voi giovani il futuro che noi adulti vi stiamo strappando, a sospingere quei sogni di bene che troppe volte vengono ostacolati; a confidarvi che l’unico modo per stare in piedi nella vita è puntare tutto su Dio”.
Poi ha aggiunto: “Cari giovani, sognate! E prestate i vostri sogni anche a chi non ne ha più!”. E rivolgendosi ai sacerdoti: “Sentiamo particolarmente per noi queste parole! Tocca a noi prima di tutto. Non possiamo restare chiusi nei nostri spazi sicuri, nei nostri schemi, nei nostri tempi. Siamo mandati, come Gesù, ad essere doni di speranza a chi è prigioniero, cieco, oppresso… e queste non sono solo categorie sociali. Sono volti concreti, che incontriamo ogni giorno nelle nostre comunità. Il popolo ha gli occhi fissi su di noi, come quelli della sinagoga erano fissi su Gesù. Il popolo ascolta, osserva, cerca testimoni, non ci chiede di essere perfetti, infallibili ma in prossimità. Ci chiede di essere pastori profumati di Carità, uomini unti non solo d’olio, ma di compassione, di misericordia, di verità”.
“Unti e inviati”: è il mandato affidato ai sacerdoti da mons. Seccia, che ha chiesto al popolo di Dio di pregare per i sacerdoti: “Per loro chiedete al Signore la santità della vita perché siano uomini di preghiera e di carità. Uomini dell’ascolto e della cura. Uomini della testimonianza e del servizio”.

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