“Celebrare l’Eucaristia all’inizio del Triduo pasquale significa rivivere l’esperienza della salvezza”: con queste parole l’arcivescovo di Firenze, mons. Gherardo Gambelli, ha iniziato l’omelia della Messa in Coena Domini, celebrata oggi pomeriggio con i detenuti nel carcere di Sollicciano. Un gesto di prossimità, nel giorno in cui la Chiesa ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e il comandamento dell’amore fraterno. Meditando il brano della lavanda dei piedi, l’arcivescovo ha evidenziato i tre momenti del Vangelo: “la preparazione del gesto, la sua esecuzione e la spiegazione”, sottolineando come Gesù, “sapendo che era giunta la sua ora, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. Un amore che si dona “fino all’ultimo respiro e fino al dono totale di sé”. “Gesù è cosciente che l’ora della sua morte è vicina – ha detto monsignor Gambelli – e compie un gesto che è il riassunto del senso della sua vita: mettersi al servizio, come quella donna peccatrice che gli aveva lavato i piedi con le lacrime”. Il vescovo ha poi denunciato l’opera del “divisore”, il diavolo: “cerca di separarci da Dio, insinuando che non possiamo essere amati perché peccatori. Ma Gesù è venuto per salvarci”. E ha aggiunto: “Essere cristiani significa imparare a disobbedire alle paure”. Rivolgendosi ai detenuti, Gambelli ha ricordato che “anche qui, nel carcere, possiamo crescere nella fedeltà al Vangelo. Lavarsi i piedi gli uni gli altri significa imparare a rispettarsi, a stimarsi reciprocamente. Quando si superano paure e pregiudizi – ha detto – avvengono veri miracoli”. Ha concluso con una parabola poetica: l’incontro tra un iceberg e una duna nel deserto. “Decisero di amarsi nonostante tutto, e così un angolo di deserto si trasformò in un giardino fiorito”.