Regno Unito: i vescovi sulla piccola Indi, “mai rinunciare alla speranza, mai negare cure essenziali, riconoscere i limiti della medicina”. Invito alla preghiera

(Foto FB/Dean Gregory)

“La tragica situazione della piccola Indi Gregory spezza il cuore, soprattutto pensando all’affetto dei suoi genitori, Claire e Dean, dei suoi fratelli e della sua famiglia estesa”. Comincia con queste parole il comunicato che la Conferenza episcopale inglese dedica alla neonata di sette mesi, affetta da una malattia rara del Dna mitocondriale, alla quale i medici dell’ospedale Queen’s Medical Centre di Nottingham vogliono da settimane staccare i supporti vitali. Tra poche ore, alle 15 italiane, il giudice Robert Peel dell’Alta Corte britannica deciderà se la piccola può morire a casa oppure se deve rimanere in ospedale come vogliono i medici. Sembrano inutili i tentativi dell’Italia, che ha offerto a Indi la cittadinanza e le cure dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, di salvarla. “Chi cura Indi, all’ospedale Queen’s Medical di Nottingham, pensa di aver fatto tutto il possibile per aiutarla”, scrivono ancora il vescovo inglese responsabile per il settore vita, John Sherrington, e il vescovo Patrick McKinney, che guida la diocesi di Nottingham dove si trova la bambina. “Tuttavia, come persone di speranza, riconosciamo che i suoi genitori vogliono esplorare ogni possibilità di allungare la sua vita, anche se questo non comporta nessuna certezza che le cure avranno successo e ciò vorrebbe dire il trasferimento di Indi all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Genitori e medici cercano di fare il migliore interesse di Indi”.
I vescovi entrano, poi, nel merito dell’assistenza medica della quale Indi ha bisogno per sopravvivere e scrivono che, “quando le terapie diventano sproporzionate e non portano benefici, bisogna garantire a un malato adeguate cure palliative. La sospensione di cure diventate eccessive non giustifica la sospensione di terapie essenziali come idratazione, nutrizione, adeguato sostegno per la respirazione, termoregolazione e terapia del dolore purché il malato ne tragga beneficio. Insieme all’assistenza spirituale per una persona che incontrerà presto Dio, la Chiesa considera queste cure come necessarie per accompagnare questi piccoli pazienti verso una morte naturale che sia dignitosa”.
Il comunicato della Conferenza episcopale si conclude ricordando che “una malattia terminale prolungata è, purtroppo, parte della condizione umana. Non dovremmo mai agire con l’intenzione deliberata di far terminare una vita umana né rimuovere cure di base per ottenere la morte. Tuttavia, a volte, dobbiamo riconoscere i limiti di quello che può essere fatto, pur agendo con umanità al servizio del malato fino a che arrivi una morte naturale”. “Speriamo e preghiamo che la famiglia di Indi possa trovare un po’ di pace nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Preghiamo per questa neonata e per i suoi genitori e la sua famiglia e per chi la sta curando”.

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