Hong Kong: padre Chow, (vescovo eletto), “me lo ha chiesto Papa Francesco e non ho potuto dire di no”

All’inizio aveva detto di no. Riteneva che il vescovo di una diocesi sarebbe dovuto emergere tra i sacerdoti diocesani e lui è un gesuita. Ne ha discusso e parlato a dicembre anche con il padre superiore a Roma e anche in quella occasione aveva detto di no. “La decisione è arrivata quando il Santo Padre mi ha inviato una lettera scritta a mano dicendomi che lui era d’accordo che io diventassi vescovo. Ho letto la lettera. In realtà era scritta in italiano e io l’italiano non lo conosco, per questo me la sono fatta tradurre”. A quel punto, di fronte alle parole del Papa, ha accettato. “Hong Kong è una città che amo molto, è la città dove sono nato e cresciuto”. Lo ha confidato questa mattina padre Stephen Chow Sau-yan, vescovo eletto di Hong Kong, parlando, metà in inglese e metà in cantonese, ai giornalisti.

Il giorno dopo l’annuncio della nomina dato dalla Santa Sede, padre Chow ha acconsentito di incontrare i giornalisti in una conferenza stampa che si è tenuta nella Catholic Diocese Center di Hong Kong e dove erano presenti anche il vescovo ausiliare, mons. Joseph Ha Chi-shing, e il card. John Tong Hon, che negli ultimi due anni ha guidato la diocesi come amministratore apostolico. Padre Chow si troverà a guidare una diocesi estremamente delicata. La città è stata ed è tuttora teatro di una serie di manifestazioni di piazza che sono cominciate prima per protestare contro il disegno di legge sull’estradizione e dopo contro la decisione di Pechino di promulgare una legge sulla “sicurezza nazionale”.
Alla domanda su come intende sanare l’alta polarizzazione politica che divide le comunità, padre Chow ha risposto: “Non ho un piano ma credo che ci sia un Dio e Dio vuole che siamo uniti”. Ma, ha subito aggiunto, “l’unità non è uniformità”. Ricordando quindi la sua esperienza di insegnante a scuola, ha detto di aver sempre incoraggiato i giovani a vivere “l’unità nella pluralità. Dobbiamo imparare a rispettare la pluralità. Questo sarà il mio primo compito”. Quando una comunità è molto divisa, “non è facile guarire le divisioni”. “Non è detto che ci riesca, ma farò del mio meglio”, ha quindi assicurato indicando nell’atteggiamento di mettersi in “ascolto” la via per trovare insieme le soluzioni. Al momento della nomina, padre Chow era il superiore provinciale della provincia cinese per la Compagnia di Gesù. Riguardo quindi ai rapporti con la Cina, ha affermato: “Non dobbiamo assumere che siamo nemici. Soprattutto se parliamo di Chiesa, partiamo dal fatto che crediamo nello stesso Signore”. I giornalisti gli hanno anche chiesto delle commemorazioni del 4 giugno in cui si ricordano le proteste di piazza Tienanmen a Pechino nel 1989 e di una sua eventuale partecipazione. “Si può commemorare in diversi modi”, ha risposto. “Io prego, prego per la Cina, prego per tutti coloro che sono morti nel 1989”. Ed ha proseguito: “Il fatto che quest’anno sia possibile o meno commemorare dipende dai requisiti legali”. Padre Chow ha anche riferito di non aver ancora incontrato Carrie Lam, cattolica e capo dell’esecutivo di Hong Kong. Ma alla domanda sul rispetto della libertà religiosa, il vescovo gesuita ha dichiarato: “Per me la libertà religiosa è un diritto umano e sicuramente continuerò a dire alle autorità di governo di non dimenticarlo e permettere la libertà di religione, non solo ai cattolici ma a tutti i fedeli delle religioni”.

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