Papa Francesco: “Candor lucis aeternae”, Dante “trasforma l’esilio in un paradigma della condizione umana”

“La delusione profonda per la caduta dei suoi ideali politici e civili, insieme alla dolorosa peregrinazione da una città all’altra in cerca di rifugio e sostegno non sono estranee alla sua opera letteraria e poetica, anzi ne costituiscono la radice essenziale e la motivazione di fondo”. Così il Papa, nella lettera apostolica “Candor lucis aeternae”, descrive l’esilio di Dante e la nostalgia per la sua Firenze. “Quando Dante descrive i pellegrini che si emettono in cammino per visitare i luoghi santi, in qualche modo rappresenta la sua condizione esistenziale e manifesta i suoi più intimi sentimenti”, commenta Francesco, secondo il quale Dante, “riflettendo profondamente sulla sua personale situazione di esilio, di incertezza radicale, di fragilità, di mobilità continua, la trasforma, sublimandola, in un paradigma della condizione umana, la quale si presenta come un cammino, interiore prima che esteriore, che mai si arresta finché non giunge alla meta”. Nascono da qui due temi fondamentali di tutta l’opera dantesca: “Il punto di partenza di ogni itinerario esistenziale, il desiderio, insito nell’animo umano, e il punto di arrivo, la felicità, data dalla visione dell’Amore che è Dio”. “Il Sommo Poeta, pur vivendo vicende drammatiche, tristi e angoscianti, non si rassegna mai, non soccombe, non accetta di sopprimere l’anelito di pienezza e di felicità che è nel suo cuore, né tanto meno si rassegna a cedere all’ingiustizia, all’ipocrisia, all’arroganza del potere, all’egoismo che rende il nostro mondo ‘l’aiuola che ci fa tanto feroci’”, spiega il Papa: “La missione del Poeta, profeta di speranza Dante, dunque, rileggendo soprattutto alla luce della fede la propria vita, scopre anche la vocazione e la missione a lui affidate, per cui, paradossalmente, da uomo apparentemente fallito e deluso, peccatore e sfiduciato, si trasforma in profeta di speranza”. “Bisogna dire brevemente che il fine del tutto e della parte è rimuovere i viventi in questa vita da uno stato di miseria e condurli a uno stato di felicità”, scrive Dante a Cangrande della Scala: “Tale finalità – commenta Francesco – mette in moto un cammino di liberazione da ogni forma di miseria e di degrado umano (la ‘selva oscura’) e contemporaneamente addita la meta ultima: la felicità, intesa sia come pienezza di vita nella storia sia come beatitudine eterna in Dio. Di questo duplice fine, di questo ardito programma di vita, Dante è messaggero, profeta e testimone, confermato nella sua missione da Beatrice”.

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