Papa ad Atene: a comunità cattolica di Grecia, “non ci è chiesta la magnificenza dei grandi numeri. I piccoli e i poveri cambiano la storia”

(Foto Vatican Media/SIR)

“A noi, come Chiesa, non è richiesto lo spirito della conquista e della vittoria, la magnificenza dei grandi numeri, lo splendore mondano. Tutto ciò è pericoloso. È la tentazione del trionfalismo. A noi è chiesto di prendere spunto dal granello di senape, che è infimo, ma umilmente e lentamente cresce”. Lo ha detto Papa Francesco a vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e catechisti riuniti oggi pomeriggio nella cattedrale di San Dionigi di Atene. “Sono contento di incontrarvi in una terra che è un dono, un patrimonio dell’umanità sul quale sono state costruite le fondamenta dell’Occidente”, ha esordito il Santo Padre. “Siamo un po’ tutti figli e debitori del vostro Paese: senza la poesia, la letteratura, la filosofia e l’arte che si sono sviluppate qui, non potremmo conoscere tante sfaccettature dell’esistenza umana, né soddisfare molte domande interiori sulla vita, sull’amore, sul dolore e sulla morte. Nell’alveo di questo ricco patrimonio, qui agli inizi del cristianesimo è stato inaugurato un “laboratorio” per l’inculturazione della fede, gestito dalla sapienza di tanti Padri della Chiesa”. Nel suo discorso il Papa ha preso spunto dall’apostolo Paolo che proprio qui, come raccontano gli Atti degli Apostoli, ad Atene, inizia a predicare nelle piazze ma alcuni filosofi iniziano a chiamarlo “ciarlatano: uno che inventa cose approfittando della buona fede di chi lo ascolta”. Paolo ad Atene, ha osservato il Papa, “era solo, in minoranza e con scarse probabilità di successo. Ma non si è lasciato vincere dallo scoraggiamento, non ha rinunciato alla missione. E non si è lasciato prendere dalla tentazione di lamentarsi. Ecco l’atteggiamento del vero apostolo: andare avanti con fiducia, preferendo l’inquietudine delle situazioni inattese all’abitudine e alla ripetizione. Paolo ha questo coraggio Il suo è il coraggio della fiducia: fiducia nella grandezza di Dio, che ama operare nella nostra piccolezza”. “Cari fratelli e sorelle, abbiamo fiducia, perché l’essere Chiesa piccola ci rende segno eloquente del Vangelo, del Dio annunciato da Gesù che sceglie i piccoli e i poveri, che cambia la storia con le gesta semplici degli umili”. “Allora, carissimi, vorrei dirvi: benedite la piccolezza e accoglietela. Vi dispone a confidare in Dio e in Dio solo. Essere minoritari – e nel mondo intero la Chiesa è minoritaria – non vuol dire essere insignificanti, ma percorrere la via aperta dal Signore, che è quella della piccolezza: della kenosis, dell’abbassamento, della condiscendenza”.

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