Cop26: card. Barreto (Repam), “indignazione, fortezza, speranza per custodia del Creato e cambiamenti climatici. Serve cambiamento del modello di sviluppo”

Indignazione, fortezza, speranza. Sono i tre sentimenti che caratterizzano in questo momento la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam), di fronte alla questione della custodia del creato e dei cambiamenti climatici. Lo ha detto ieri il card. Pedro Barreto, presidente della Repam e arcivescovo di Huancayo (Perù), rivolgendosi dal Perù, con un videomessaggio, alla Cop26 di Glasgow.
“Indignazione – ha ricordato il cardinale -, perché molti leader indigeni sono stati assassinati per aver difeso l’Amazzonia contro lo sfruttamento irrazionale delle risorse naturali e la deforestazione. Un dato eloquente è che in media nel 2020, in piena pandemia, ogni due giorni veniva assassinato un leader indigeno. E finora nel 2021 questa terribile situazione continua. A partire da questa indignazione gridiamo a gran voce al mondo che la vita umana è minacciata e l’Amazzonia sprecata da meschini interessi di gruppo. Riaffermiamo che l’Amazzonia è essenziale per il presente e il futuro dell’umanità!”.
In secondo luogo, “fortezza, perché sin dalla sua fondazione, la Repam ha scelto le popolazioni indigene e le comunità tradizionali come principali interlocutori e soggetti di azione nel territorio. Sono i guardiani dell’Amazzonia. E insieme con loro agiamo in difesa dei diritti umani e della natura, alla ricerca del ‘buen vivir’ e della giustizia socio-ambientale”. In terzo luogo, “speranza perché ricordiamo con gioia tutto il processo vissuto due anni fa al Sinodo per l’Amazzonia. Indubbiamente, il processo sinodale ha posto l’Amazzonia e le popolazioni indigene al centro dell’attenzione della Chiesa cattolica e anche di una parte significativa dell’opinione pubblica mondiale”.

Nel suo intervento, il presidente della Repam ricorda la costante vicinanza di Papa Francesco rispetto al cammino dell’organismo ecclesiale. E aggiunge: “Alla crisi in Amazzonia, alla pandemia e al clima si può rispondere solo con un cambiamento del modello di sviluppo globale, frutto di una conversione radicale, di una rivoluzione culturale, come dice la Laudato si’”.
Davanti alla Cop26, il porporato ricorda gli attuali impegni e azioni della Repam in ambito sociale, culturale, di promozione umana: “Collaboriamo con la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh), per presentare casi emblematici di violazioni dei diritti umani e dell’Amazzonia. Partecipiamo attivamente anche al Forum dei popoli indigeni delle Nazioni Unite. Stiamo preparando la nostra terza Scuola dei diritti umani per i leader dei popoli dell’Amazzonia. Elaboriamo e pubblichiamo ogni quindici giorni un bollettino informativo sulle vittime del Covid 19 in Amazzonia. È in corso di realizzazione un progetto per la sicurezza alimentare dei popoli amazzonici. Come Rete ecclesiale panamazonica, siamo in interazione permanente con altri gruppi, organizzazioni e movimenti che hanno lo stesso obiettivo: difendere la vita delle persone, i loro diritti e la protezione dell’ambiente naturale”.
“Perché la vita sia possibile, dobbiamo impegnarci a vivere uno stile di vita sobrio – è l’appello finale -; prendersi cura e rispettare la nostra Casa comune per noi stessi e per le generazioni a venire. Il nostro impegno è adesso! Camminiamo insieme, tessendo reti con iniziative di forza e di speranza di fronte alle avversità e all’indifferenza!”.

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