Cammino sinodale: mons. Marcianò (Omi), “evento scomodo che chiede di uscire da casa, per ritrovare la Casa che è la Chiesa”

“Il Sinodo è un evento scomodo che chiede di uscire da casa, per ritrovare la Casa che è la Chiesa”, e alla Chiesa sinodale chiede “di uscire, ancora, dai circoli chiusi delle nostre comunità e delle nostre chiese, per raggiungere le case degli uomini; di uscire da abitudini consolidate, tipiche di chi viva in certi modi la religiosità; di uscire da noi stessi, per accorgerci degli altri e imparare ad ascoltarli”: è quanto affermato da mons. Santo Marcianò, arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), celebrando ieri sera la messa al termine della seconda giornata di lavori del corso di formazione per i cappellani militari in corso ad Assisi (fino a domani). Commentando la parabola del buon seminatore l’arcivescovo castrense ha ricordato che “Gesù è il Signore di tutti e il seminatore vuole raggiungere tutti i terreni” nonostante “un’alta percentuale di “fallimento”: la Parabola, infatti, “mostra come solo in un tipo di terreno il seme attecchisca. Eppure, il seminatore continua a seminare. Lo deve fare, lo ha fatto, lo fa, lo farà. E noi con Lui, in questo tempo di grazia che è il Sinodo”. Mons. Marcianò esorta: “Come il seminatore, dovremo anche noi raggiungere tutti i terreni, pur se impervi, ostili, sconosciuti: le strade insignificanti e infertili, le zone aride e pietrose, i rovi spinosi e pungenti… fino alla terra buona, fertile – forse perché arata da qualcuno prima di noi -, spesso meno appariscente di altre”. Per raggiungere l’obiettivo, in questa prima fase di cammino sinodale, “occorrerà attuare un processo di consultazione che sia il più ampio possibile. Tutti devono, tutti dobbiamo essere ascoltati: dal vescovo, ai presbiteri e ai fedeli, attraverso le modalità più appropriate ad ogni diversa realtà. E le nostre, lo sappiamo, sono tutte realtà molto diverse tra loro”. Ciò che il Sinodo vuole sviluppare, specie nella prima fase, ha ribadito il presule, “è soprattutto l’ascolto. E ascoltare, in fondo, significa accogliere ciò che l’altro può darmi. Battendo tutti i tipi di terreno, il seminatore si apre, così, alla sorpresa dell’ascolto; è pronto, cioè, ad accogliere il frutto che ogni terreno saprà dare. Il seminatore lascia tempo all’ascolto, ovvero aspetta il risultato della sua semina”. Protagonista di questo tempo “è il seme. E il seme, dice Gesù, è la Parola di Dio”. Quindi, ha concluso, “dobbiamo raggiungere ogni fedele, ogni persona, ogni cuore, per gettarvi il seme della Parola di Dio, da noi proclamata e vissuta. Bisogna osare l’incontro con ogni terreno; ma, in ogni terreno, bisogna osare l’incontro con la Parola”.

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