Primo maggio: Ragusa, diocesi promuove raccolta fondi per chi ha perso il lavoro. “Vicini alle ferite della gente”

Una raccolta fondi a beneficio di quanti hanno perso il lavoro, di chi il lavoro non ce l’ha e di chi ha un lavoro precario. Questa l’iniziativa promossa dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della diocesi di Ragusa, in collaborazione con la Fondazione San Giovanni Battista. “Un segno significativo – spiega Renato Meli dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro – per dire che siamo vicini alle ferite della gente. Desideriamo dare il nostro contributo perché il lavoro rappresenta, oggi forse più di ieri, la restituzione della dignità ad ogni persona”. Meli ricorda, inoltre, come in questo periodo di emergenza sanitaria la Chiesa ragusana “in tutte le sue articolazioni, anche a fianco delle istituzioni, non ha fatto mancare il proprio contributo per alleviare in tutti i modi i bisogni impellenti di tantissime famiglie con la distribuzione di alimenti, generi di prima necessità, di sostegno ad alcune spese essenziali”. Non nasconde la sua tristezza, Meli, pensando alla festa del 1° maggio di quest’anno. “Un primo pensiero di gratitudine va a tutti i lavoratori negli ospedali e in tutte le strutture di assistenza, a tutte le forze dell’ordine di ogni appartenenza, ai volontari, ai politici con la P maiuscola, a tutti coloro che hanno continuato a lavorare nelle botteghe alimentari, nei supermercati, in tutti i servizi essenziali che stanno affrontando con grande abnegazione questo periodo complicato – scrive in un messaggio –. Ci troviamo in un tempo così incerto, che accomuna l’intero mondo, che ci investe di paura e tuttavia un tempo di resistenza oltre che di fatica e di sofferenza. Abbiamo una grande opportunità che ogni crisi offre: ripensare, ripartire, ricostruire in modo diverso e nuovo. Sarà un grande rischio se da questa pandemia, nonostante tutto, non trarremo opportuni insegnamenti”.
Da qui l’invito ad una maggiore solidarietà. “L’emergenza occupazionale con cui convivevamo è stata aggravata dal virus che ha attaccato, con i suoi effetti collaterali, tutti – prosegue Meli –. Ma l’emergenza lavorativa è un dramma che probabilmente mieterà più vittime del virus. Per questo, tutti coloro che potranno, saranno chiamati ad aiutare chi rischia di rimanere a terra, di non riuscire a rialzarsi. Occorrerà riscoprire il valore della solidarietà nella comunità civile ed ecclesiale, occorrerà tornare ad essere uniti, rivitalizzare il vero senso di una comunità coesa, di una comunità resiliente. Solo così avremo una chance in più di farcela senza creare altri nuovi poveri”.

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