Coronavirus Covid-19: p. Vianelli (Cei), “pensare liturgie familiari per respirare con due polmoni”

In attesa che possano riprendere le messe in chiesa alla presenza dei fedeli, è forse tempo di “pensare anche liturgie familiari, così domani, quando potremmo ritrovarci di nuovo insieme, sarà come respirare con due polmoni”. Lo dice in un’intervista al Sir p. Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei, riflettendo sull’esperienza maturata in queste settimane di lockdown dalle famiglie che si sono scoperte “immagine di una Chiesa che prega, fa catechesi rendendo ai figli ragione della propria fede, fa carità nei quotidiani gesti d’amore e di servizio”. Pensando alle feste ebraiche di Pesach o Hanukkah, nelle quali “la famiglia si riunisce, compie gesti e preghiere avvertendo in essi una presenza e un’appartenenza”, p. Vianelli richiama le antiche domus ecclesiae cristiane è afferma: “Oggi la sfida pastorale più grande è non perdere la preziosità di una significativa ritualità familiare, non alternativa ma complementare a quella nella chiesa parrocchiale”. Alla domanda se anche le famiglie di conviventi o divorziati possano considerarsi chiese domestiche, risponde: “In Amoris Laetitia il Papa distingue tra forme d’amore in piena contraddizione con il modello che il Signore ci propone, e forme in parziale contraddizione. Non è che l’amore tra divorziati risposati o conviventi non sia amore o non possa in qualche modo contenere l’amore di Cristo; gli mancano però alcuni elementi che potrebbero portarlo a piena comunione”. I divorziati risposati o conviventi “non sono né esclusi né scomunicati, come ha chiarito il Papa; il Signore non è assente in quelle forme d’amore, ma nella dimensione sacramentale la sua presenza è più piena. Pur senza giudicare, occorre però chiarire che sposarsi o non sposarsi non è la stessa cosa”. Dunque, “anche se l’intensità dei gesti d’amore nella coppia non sposata è la stessa, sono diversi l’accesso alla grazia e la presenza del Signore”. La sfida pastorale, conclude, è “fare leva su quello che c’è e al tempo stesso far capire che cosa manca per conformarsi sempre più al modo di amare di Cristo”.

 

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