Lavoro: Istat, in un anno +523mila occupati (+2,3%) e +514mila disoccupati. Oltre 1 milione e 250mila inattivi in meno. Retribuzioni giù del 2,3%

Nel confronto tendenziale nel secondo trimestre 2021 si confermano la crescita del tasso di occupazione (+1,7 punti rispetto al secondo trimestre 2020) e la diminuzione di quello di inattività, accompagnati da un aumento di quello di disoccupazione. Lo rileva oggi l’Istat, diffondendo i dati su “Il mercato del lavoro” relativi al II trimestre 2021.
Rispetto al secondo trimestre 2020, l’aumento dell’occupazione (+523mila unità, +2,3%) coinvolge soltanto i dipendenti a termine (+573mila, +23,6%); continua infatti, seppur con minore intensità, il calo dei dipendenti a tempo indeterminato (-29mila, -0,2%) e degli indipendenti (-21mila, -0,4%). Sale anche il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni, raggiungendo il 58,2% (+1,7 punti), con incrementi più marcati tra le donne, i giovani di età compresa tra i 25-34 anni e nel Mezzogiorno. Crescono sia gli occupati a tempo pieno sia quelli a tempo parziale (+1,8% e +4,8%, rispettivamente). In aumento il numero di disoccupati (+514mila in un anno), mentre si riducono marcatamente gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1 milione 253mila, -8,5% in un anno), dopo cinque trimestri di crescita progressiva.
Stando ai dati diffusi, su base annua, la tendenza dell’occupazione registra una crescita particolarmente sostenuta (nel totale pari a 3,6% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, +3,5% a tempo pieno e +3,6% a tempo parziale) quale effetto di riflesso della fase interessata dalle misure più restrittive di limitazione della pandemia, particolarmente concentrate nel secondo trimestre 2020.
Per quanto riguarda le retribuzioni, queste sono scese del 2,3% rispetto al secondo trimestre 2020, quale effetto di riflesso della crescita straordinaria registrata nello stesso trimestre dell’anno precedente, quando la ricomposizione dell’occupazione provocata dai provvedimenti di sospensione delle attività economiche aveva privilegiato la presenza delle componenti a profilo retributivo più alto; parallelamente, la riduzione più intensa degli oneri sociali (-5,4%) è conseguenza, da un lato, della riduzione della componente retributiva e, dall’altro, del persistere degli effetti delle misure di decontribuzione.

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