Martiri missionari: mons. Perego (Ferrara), “buoni samaritani del nostro tempo, sono una provocazione perché la nostra vita di fede sia credibile”

“I martiri di oggi incarnano la figura del buon samaritano: uccisi sulla strada, per la loro fede testimoniata, per ricerca della giustizia, per la difesa dei più deboli. In questo senso i martiri di oggi sono per noi una provocazione perché la nostra vita di fede sia credibile: non solo a parole, ma nei fatti di ogni giorno”. Lo ha affermato questa sera l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. GianCarlo Perego, nel corso della veglia di preghiera che ha presieduto nella chiesa di S. Agostino in occasione della 29ª Giornata dei missionari martiri.
Il presule li ha ricordati come “martiri del nostro tempo, testimoni di un Vangelo che coinvolge la nostra vita e che talora, chiede, per amore, di soffrire e donare anche la nostra vita”. Commentando la pagina evangelica della parabola del Buon Samaritano, mons. Perego ha rilevato che “il samaritano è l’altro, lo straniero che non viene presentato come l’estraneo, il nemico, ma come l’amico, che incontri in un viaggio qualunque, in un luogo qualunque. Il samaritano supera questa concezione della prossimità legata al vicino, per proporre nei suoi gesti semplici una prossimità nuova, che include il nemico, il diverso, il lontano, lo straniero”. “L’attenzione – ha spiegato – si sposta da chi è vicino a chi si è reso vicino, da luoghi comuni a luoghi che generano la possibilità di incontro e relazione”. “La vicinanza genera compassione, sofferenza con il sofferente, cura, accompagnamento, un luogo di tutela, una casa”, ha continuato l’arcivescovo, osservando che “la condizione poi di povertà, di vittima, di sofferenza diventa un luogo privilegiato per educarci alla prossimità, alla relazione, per oltrepassare ogni confine e crescere nella comprensione dell’altro come il ‘fratello’ da custodire, con cui condividere anche le nostre risorse. Non bastano le parole. La fraternità, sembra dire il racconto della parabola, nasce dal raccogliere le provocazioni dell’altro nel cammino della nostra vita, nel nostro Esodo”.

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