Coronavirus Covid-19: mons. Cipolla (Padova), “non si tratta di dare una risposta solo nell’immediato, dobbiamo riscoprirci al servizio della gente”

Sono 263 le parrocchie che hanno aderito al progetto di solidarietà promosso dalla diocesi di Padova con i fondi stanziati dalla Cei quale aiuto straordinario a situazioni di povertà o di necessità dovute alla pandemia. Alla Chiesa padovana erano stati destinati 2.072.235,92 euro: un’apposita commissione ne ha destinata circa metà, un milione, alle necessità di comunità parrocchiali e altri enti in difficoltà a seguito dell’emergenza; il resto è andato a interventi di solidarietà diretta a persone e famiglie attraverso un progetto denominato “Sostegno sociale parrocchiale”.
“Quando ho sentito che c’era la disponibilità di un aiuto per le parrocchie e per situazioni di grande disagio createsi a causa del Covid, ho subito immaginato che questa fosse anche una grande opportunità, non solo per aiutare in forma di assistenza le situazioni di emergenza che incontravamo, ma anche per crescere, come Chiesa e come cristiani, nella comprensione di essere in mezzo alla gente e di doverci stare con uno stile nuovo, che sappia educare ed essere accogliente. L’immagine che ho è di una Chiesa al servizio delle persone, che privilegia le persone più fragili”, ha raccontato il vescovo, mons. Claudio Cipolla.
“Siamo consapevoli – ha continuato il vescovo – che non si tratta di dare una risposta solo nell’immediato ma che ci potrebbe essere un tempo ancora lungo in cui si potrebbero manifestare disagi persino più grandi di quelli di cui finora abbiamo avuto la percezione. L’opportunità che abbiamo è di riscoprirci al servizio della gente non solo per le nostre sensibilità individuali ma come Chiesa. Le nostre parrocchie si dovrebbero presentare non solo con la disponibilità ad accogliere, ma anche di andare a cercare chi è in difficoltà: tutti noi cristiani siamo chiamati a farlo”.
Mons. Cipolla ha poi sottolineato come la capillarità tipica delle parrocchie permetta loro di essere a contatto con tanti, anche non credenti, e di ascoltare difficoltà non ancora emerse come problema sociale. Un secondo aspetto è la riscoperta, accanto a quella di assistenza, anche di una dimensione educativa, in primo luogo del cristiano verso se stesso e la propria sensibilità nel rimettere al centro le persone in difficoltà. “Non possiamo accontentarci di avere aiutato qualcuno se non cambia il modo di rapportarci con i poveri”, ha concluso Cipolla.

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